Regia di Boris Barnet vedi scheda film
Il titolo originale, "Okrajna", significa "città di frontiera", più che sobborghi. Ed infatti la vita negli ultimi anni dell'era zarista, è vista in una cittadina di provincia, vicina alla linea del fronte, tanto è vero che il signor Robert Karlovic, inquilino di uno dei protagonisti, è un tedesco. Fra l'altro i due anziani signori, il russo e il tedesco, sono anche amici: giocano a dama insieme, escono insieme, si prestano gli oggetti, fino allo scoppio della prima guerra mondiale, che li separa inesorabilmente. Poi c'è il signor Kadkin, che fa il calzolaio in una fabbrica insieme ai due figli Nikolaj e Šenka. Allo scoppio della guerra entrambi partono volontari, per non tornare più. Poi c'è il dramma di Manka, figlia di Aleksandr Petrovich, la quale s'innamora di un giovane prigioniero tedesco. Eppure non è un film triste, anzi, la storia, che nelle pagine ambientate in trincea si avvicina ad "All'ovest niente di nuovo", è raccontata con un piglio tutto sommato ottimistico, dove il finale è preordinato (la venuta del comunismo) e dove le scenette francamente comiche si alternano a quelle (sanamente) patetiche delle quali sono indistintamente protagonisti uomini ed animali (anche qui c'è il cavallo che parla, e poi c'è il cagnolino che rimane quasi impiccato al momento della partenza dei soldati per il fronte). Il film è ferocemente, e dunque meritoriamente, antimilitarista: la guerra non è edulcorata, ma Barnet fa intravedere la speranza nella fratellanza tra i soldati. Esemplare la scena in cui Nikolaj esce dalla propria trincea piantando in terra il fucile a rovescio e poi sventolando un fazzoletto bianco; anche i soldati tedeschi escono dalle proprie trincee e fraternizzano con i "nemici". Un film corale pieno di humour, pathos, impegno politico (ovviamente tutto deve essere preordinato all'avvento del comunismo, ma è un po' come i film americani che finiscono con il "domani è un altro giorno" di prammatica), ma soprattutto di umanità, quell'umanità che è insopprimibile in ognuno di noi - comunista o no - e che fa dire a Pyotr Ivanovich, il quale ha appena saputo di aver perso il figlio minore in combattimento "Fermi! Sarà tedesco, ma è anche un bravo calzolaio!". Forse avrebbe dovuto dire "è pur sempre un uomo", ma si vede che l'ideologia stava già prendendo il sopravvento. Nonostante questo, il film di Barnet, e ciò va ovviamente a suo merito, prima ancora della sua uscita, fu tacciato dall'Associazione dei lavoratori cinematografici di Leningrado "di non avere una visione ideologica chiara". Lo posso dire: un capolavoro.
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