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Smog

Regia di Franco Rossi vedi scheda film

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La recensione su Smog

di mm40
6 stelle

Un avvocato italiano, in viaggio di lavoro, rimane fermo per un giorno a Los Angeles. Qui incontra una piccola comunità di italiani residenti con cui trascorre una caleidoscopica giornata.

 

Pur non essendo - e a torto - fra i titoli più noti di Franco Rossi e, allo stesso modo, non venendo ricordato fra le migliori interpretazioni per Enrico Maria Salerno, Smog è a tutti gli effetti un lavoro di buon livello e un'opera di un certo spessore dal punto di vista dei contenuti, forse penalizzata dalla variopinta produzione coeva nostrana, nella quale abbondano le pellicole di ottima fattura e perfino i capolavori. A un paio di questi ultimi è naturale pensare immediatamente, alla visione di Smog: Il sorpasso di Dino Risi, specie per la prima parte con una coppia assortita fortunosamente 'on the road' fra mille peripezie (ma la pellicola di Risi uscirà subito dopo, pare di capire, cercando in rete) e La dolce vita di Fellini, con il quale il lavoro di Rossi condivide un perenne tono dolceamaro di fondo, un personaggio invaso dalla malinconia e dall'impossibilità di trovare riparo in una città vivace, accogliente, multiforme, gaudente eppure sempre ingannevole, ostile nella sua falsità di facciata: la Roma di via Veneto come la Los Angeles dei 'parvenu' italoamericani. Nella scena (madre, fin troppo scoperta negli intenti) del bowling, poi, pare di riconoscere lo spirito che guiderà Vittorio De Sica a girare, l'anno successivo, l'apertamente comico Il boom, con la netta dichiarazione di intenti e l'outing intellettuale (chiamiamolo così) da parte del protagonista: un professionista rispettato, ma anche orgoglioso della sua posizione e convinto profondamente della superiorità del carattere italiano su quello, antropologicamente corrotto, debosciato - dell'americano (difficile però intuire con precisione se l'avvocato sia un destroide di ritorno o un sinistroide frustrato). Che cos'è infine lo smog del titolo? Lo smog è il limbo in cui galleggiano i vari personaggi incontrati dall'avvocato: una nebbia artificiale, prodotto della vana smania produttiva statunitense, dell'incontrollabile spirito di conquista che fa degli americani, agli occhi dell'avvocato, un popolo di frivoli vanagloriosi, attaccati all'ideale di un sogno (americano, appunto) che è ormai stato sepolto dalla polvere della Storia. In sceneggiatura il regista è affiancato da Ugo Guerra, Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile; al soggetto collaborano inoltre Franco Brusati, Gian Domenico Giagni e Pier Maria Pasinetti. Il difetto più evidente in scrittura sta nella scarsa solidità psicologica dei personaggi (es.: Mario sembra dapprima un intrallazzone senza scrupoli e poi lo ritroviamo improvvisamente cane bastonato, incapace di reagire), il pregio - al di là della chiave di lettura sociologica in sottotraccia - è indubbiamente nell'alto ritmo dei cento minuti della proiezione. Nel cast compaiono anche Renato Salvatori e Annie Girardot, con parti minori riservate a Susan Spafford, John Philip Law, Isabella Albonico e Max Showalter. Apprezzabile - ma ha fatto anche di meglio, senz'altro - la colonna sonora di Piero Umiliani, alla quale partecipa anche la tromba di Chet Baker. 6,5/10.

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