Regia di Brando De Sica vedi scheda film
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Il giovane pizzaiolo napoletano Mimì, orfano preso in cura dal rude ma buon ristoratore Nando (Mimmo Borrelli), che gli ha insegnato il mestiere, è un ragazzino taciturno e timido che vive nell'ombra, vittima com'è dalla nascita di angherie e crudeli ironia a causa della malformazione ai piedi, prensili come mani.
Bullizzato dalla banda di delinquenti capeggiata dal bieco Bastianello, il giovane si imbatte nella riservata e austera Carmilla, che finisce per aprirsi con lui, arrivando a confidargli di essere di origini nobili rumene e di discendere da una famiglia di vampiri. Il ragazzo rimane così assuefatto dalle argomentazioni della ragazzina, di cui immediatamente si innamora, da ritenere si essere anche lui in vampiro, ed effettivamente dando adito di subire una vera e propria mutazione fisica in tal senso, che gli permetterà finalmente di farsi giustizia e di partire alla ricerca della giovane, che in realtà si chiama Renata ed è stata condotta dai suoi genitori al nord per essere sottoposta a cure psichiatriche.
Dopo essersi fatto le ossa come co-regista non accreditati di due recenti film di papà Christian (Amici come prima, 2018 e Sono solo fantasmi, 2919) Brando De Sica esordisce in solitaria e sceneggia assieme a Ugo Chiti questa sua singolare incursione nel mondo dell'horror, curiosamente ambientato tra i vicoli napoletani e la delinquenza delle band giovanili che vivono di espedienti e spacci nei centro storico partenopeo. Un horror anomalo che spazia sul versante sociale e si concentra sul disagio di non essere accettati e di venire derisi come delle creature da circo, forte di scene pulp e oniriche e di una fotografia satura e sporca che acuisce il lato grottesco e kitch di un contesto di disagio e sbando sociale evidente.
Bravo davvero il protagonista Domenico Cuomo, che dà vita ad un personaggio tormentato e torvo molto interessante e piuttosto sfaccettato, affiancato dalla lanciatissima Sara Ciocca, qui nei panni della misteriosa Carmilla/Renata, ragazzina dalle mille sorprese.
Mimì si rivela un film di esordio quantomeno coraggioso ed insolito nel riuscire ad inquadrare in un film di genere un discorso serio almeno di sfondo, incentrato sul disagio giovanile nello scoprire di non essere accettato ma anzi considerato come una perversa attrazione pubblica da parte di un gruppo dominante soverchiante, senza scrupoli e crudele.
Interessante pure la visione gotica di un centro storico napoletano ove si pretende curiosamente di fare da culla eterna al sonno del principe delle tenebre, e la storia d'amore giovane che costituisce uno scudo potente contro l'intolleranza e la derisione crudele verso cui pare confinato a vita lo scoraggiato protagonista, avvolto perennemente nella sua espressione tra lo sgomento ed il rassegnato, almeno fino alla scoperta che anche lui è in grado di amare ed essere amato.
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