Regia di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza vedi scheda film
Pellicola costruita con largo anticipo rispetto all'arresto di Iddu, pronome con il quale viene nominato il boss latitante a capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. E ad accompagnarci in questa commedia (nera) dell'arte nella quale l'unica cosa certa è che ci si trovi di fronte a una serie di criminali di vecchissima data, figli della primissima Repubblica, la figura grottesca e combattiva del solito (splendido) Toni Servillo, che su richiesta della coppia di registi siciliani, autori anche di soggetto e sceneggiatura, ci sa offrire un punto di vista diverso rispetto a quella serietà della quale s’imbevono spesso le vicende tristi del nostro paese. Perchè Servillo - Catello è un uomo che ha fatto del suo potere e della sua incredibile intelligenza strategica, le proprie armi migliori, grazie alle quali costruire una carriera rispettabile, ma di semplice facciata. Una carriera della quale a distanza di sei anni, e dopo un arresto con evidenti implicazioni mafiose, non è rimasta la benchè minima traccia. Attorno a lui si muovono una serie di personaggi manipolabili, comici, paradossali, grotteschi. I due fratelli del boss latitante, impersonati da Daniela Marra e Filippo Luna, un perimetro famigliare degno di una commedia di De Filippo e il gruppo di agenti dei servizi segreti, anche loro non immuni dalla derisione più o meno velata che non risparmia nessuno. Il solo a rimanere ammantato di un’aurea di mistero e terrore è il boss, Elio Germano, come sempre abile nel tratteggiare il proprio personaggio ma meno sovraesposto del solito, ospitato da una vedova (Barbara Bobulova) decisamente poco incline a fare domande, ma veloce a battere a macchina i ‘pizzini’ da consegnare settimanalmente, per perpetuare il proprio dominio sull’isola.
Vicende che spesso sono state portate sul grande schermo, ma che per via di una scelta narrativa che come detto non è di certo ovvia, riporta alla mente il recente successo televisivo di The Bad Guy (id.; 2022 – in produzione). Grassadonia e Piazza riescono quindi, grazie alla scelta di affidare al grottesco la cifra stilistica della loro sceneggiatura, a privare il boss della propria aurea. Spingendo l’accelleratore verso l’assurdo. Narrando, per una volta, una storia che seppur liberamente ispirata a fatti reali, perché basati sul rapporto epistolare fra Denaro e l’ex sindaco di Castelvetrano: Antonio Vaccarino, non fa altro che delegittimarne la figura, il potere e il terrore che comunque trasuda in ogni sua decisione e flashback al quale si assiste.
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