Regia di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza vedi scheda film
Catello Palumbo è un attempato faccendiere, operativo in una località della Sicilia; dirigente pubblico, politico, imprenditore, indifferente ai confini tra il lecito e l'illecito, ha concluso il suo periodo di attività finendo in carcere per diversi anni. Scontata la pena, torna nella sua città. l'accoglienza in famiglia non è delle migliori, tutti ne conoscono i peccati e l'indole, compresa una squadra dei servizi segreti incaricata di dar la caccia a "Matteo", un pericoloso boss mafioso, latitante da molti anni. Il capo, Schiavon, intende sfruttare il legame tra il capo mafia e Palumbo, il quale - stretto amico del padre del boss, il defunto Gaetano - fu il padrino del giovane "Matteo", per far uscire il criminale allo scoperto e poterlo arrestare. Diretto dal duo Fabio Grassadonia ed Antonio Piazza, "Iddu - L'Ultimo Padrino" è un film drammatico con venature grottesche ispirato alle vicende della vita del boss mafioso Matteo Messina Denaro, i cui tratti somatici sono riconoscibili nel volto del co-protagonista "Matteo", interpretato da Elio Germano. Tale personaggio - "iddu", "egli, lui", poichè si ha paura di farne il nome - controlla uno spicchio di territorio siciliano. A lui ci si rivolge per ottenere consiglio, favori, concessioni; in cambio egli chiede correttezza, servigi, contributi economici. Gli sgarri si pagano con la vita. "Iddu" vive in latitanza, spostandosi da un nascondiglio all'altro. Nel racconto, è collocato all'interno dell'appartamento di una apparentemente non entusiasta fiancheggiatrice. Protegge da lontano la sua famiglia; la madre, un fratello, la sorella Stefania. Il suo passato è segnato da un'"iniziazione" voluta dal padre, il quale lo riconobbe il più equilibrato tra i figli. Seguì una rapida carriera criminale; sotto la guida di Gaetano gli scrupoli di "Matteo" caddero uno dietro l'altro. Gli affari prosperarono, arrivarono la ricchezza, il lusso, le belle donne, il senso di impunità. Ma tutto ciò trovò limite a causa della reazione dello Stato. Per sfuggire alla giustizia i boss si "inabissano", si rendono latitanti, sono costretti a vivere nascosti e cambiare spesso covo. Non hanno alcuna possibilità di condurre una vita normale; Gaetano, anziano e malato, muore in una stalla assistito con mezzi di fortuna; "Matteo" passa le giornate tra le mura di un buio appartamento, non sapendo come ingannare il tempo se non leggendo o dettando il contenuto dei pizzini, lunghi scritti, redatti a macchina o a mano, fatti pervenire ai destinatari tramite il passaggio di mano in mano. Proprio contando sull'intercettazione di questo traffico, Schiavon vorrebbe mettere le mani sul boss. Dunque spinge Palumbo a riallacciare i rapporti con "Matteo" sfruttando il legame con Gaetano, la cui morte è per il latitante una ferita ancora aperta. Palumbo, pur consapevole dei rischi, avvia un gioco pericoloso; per il tramite di Stefania, tratta con "Matteo", affinchè egli gli spiani la strada per il completamento della costruzione di un "ecomostro", rimasto incompiuto a causa dei guai giudiziari del protagonista. Molti sono i personaggi coinvolti; tra essi, Rita Mancuso, una poliziotta estremamente ostile nei confronti di Palumbo. Il piano non ha successo, in carcere finiscono i vendicativi parenti di "Matteo", altro sangue viene sparso. E la responsabilità, di chi è ? Elio Germano conferma la sua versatilità, dando allo spettatore un credibile ritratto di un boss, benchè giovane, fortemente colpito dalla situazione. Egli non ha, in realtà, una buona opinione del padre; gli porta rancore, a causa delle sgradevoli condizioni di vita cui i due, così come altri familiari, sono costretti. La sorte li ha voluti famiglia mafiosa; destinati ad essere temuti, forse rispettati, di certo non amati. Braccati, costretti al terrore. Non c'è alcuna possibilità di cambiamento, di redenzione. Ricchezza e potere, e non poterne liberamente disporre. Ciò è possibile a causa di complicità di parte del contesto sociale. Nella Sicilia di "Matteo", tutti sanno tutto; nessuno ne parla. "Iddu" è una risorsa per trafficoni del calibro di Catello Palumbo - intepretato da Toni Servillo - ben consapevoli del rischio che si corrè nel giocare a certi tavoli - procure sempre in agguato, concorrenza agguerrita, avere a che fare con personaggi suscettibili e pericolosi - e nonostante ciò sempre pronti a ... ramazzare tutto. Il film gode, nella prima parte, di un buon ritmo; nella seconda parte i tempi si dilatano, subentra un po' di stanchezza. La drammaticitò del racconto - non dimentichiamo che tutto quanto è portato in scena ha strette connessioni con una triste realtà - è stemperata da elementi di commedia, quali atteggiamenti dello stesso Palumbo e la sua complicata vicenda familiare; la moglie che, apertamente, lo odia e gli rinfaccia i suoi fallimenti; il genero, coinvolto suo malgrado nella vicenda. Gli sceneggiatori dimostrano di conoscere molto bene la storia di Matteo Messina Denaro (l'episodio dell'impiegato dell'albego si è veramente verificato); il sistema dei pizzini, così come, tra gli altri, lo ricostruisce sinteticamente Andrea Camilleri nel saggio "Voi Non Sapete", il quale tratta di Bernardo Provenzano; il contesto sociale ed economico della terra di "Matteo", caratterizzato da compenetrazioni tra politica, imprenditoria, malaffare. Contro quest'ultimo, nonchè contro alcune forze dello Stato, più o meno tolleranti - quando non complici - più o meno occulte, dagli interessi e scopi non ben chiari, si appunta la critica dei registi. Cosa dire, della famiglia mafiosa ? Non sono gente da invidare, a causa di un odioso potere nel film rappresentato come una nemesi. Pur non perfetto, "Iddu" è un buon film di mafia; non se ne smetta di parlare, di denunciare, di mettere a nudo ... di deridere. Anche così si fa terra bruciata intorno ai boss.
Errore:
chiudi
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta