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Il silenzio si paga con la vita

Regia di William Wyler vedi scheda film

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La recensione su Il silenzio si paga con la vita

di Antisistema
8 stelle

Ultimo film del leggendario William Wyler, autore di una carriera lunga di più quarant'anni, attraversando ben 4 decenni ed i vari mutamenti sociali, partendo dagli anni finali del cinema muto, giungendo poi all'inizio della nuova Hollywood con livelli sempre alti, anche se da parte di alcuni su internet leggo che è sopravvalutato e metteva la macchina da presa un po' qua e là, per poi farsi le pippe sull'ultimo Avengers e Spiderman, ma ignorando tali stupidi giudizi da parte di persone che non capiscono nulla di cinema, anche alla veneranda età di 68 anni Wyler con Il Silenzio si Paga con la Vita (1970), confeziona un filmone cinico e super pessimista dei bei tempi andati, di stampo un po' teatrale, ma di gran fattura cinematografica. Al suo ultimo film, Wyler gira un'altra "storia americana", ma senza le restrizioni del codice Hayes, mettendo in scena uno scontro razziale tra bianchi e neri ambientato nel Tennessee, dove un impresario di pompe funebri di colore Jones (Lee Browne), chiede all'avvocato Hedgepat (Lee J Cobb) di patrocinare la causa di divorzio verso sua moglie Emma (Lola Farlana), per via dei continui tradimenti di lei verso l'agente di polizia bianco Willie Joe (Anthomy Zerbe), che è terrorizzato da un possibile processo, per via dello scandalo a cui sarebbe soggetto verso la sua famiglia e la comunità, temendo di perdere il lavoro oltre che la reputazione. A dispetto di filmetti come Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer (1967) e altre scemenze liberal, il film di Wyler presenta un regime di apartheid, dove le due comunità hanno ben pochi contatti, che quando avvengono sono sempre basati sulla violenza e la sopraffazione, senza possibilità di riconciliazione, dato l'odio razzista da parte di tutti i personaggi, a cominciare dal sindaco della comunità e dall'avvocato Hedgepat, per poi proseguire con le sistematiche violenze praticate dalla polizia verso le persone di colore, regolarmente impunite dal sistema omertoso se non connivente.

 

Roscoe Lee Browne, Lola Falana

Il silenzio si paga con la vita (1970): Roscoe Lee Browne, Lola Falana

 

Tecnicamente sopraffino come tutti i film del regista, che ha ragiunto da tempo la padronanza totale con la macchina da presa, Wyler analizza tutti i componenti di questa comunità, con uno sguardo estremamente chirurgico e un tono fortemente pessimista, senza lasciare scampo a nessun personaggio preda delle proprie ingenue illusioni giovanili o della propria chiusura mentale razzista. 

In Jones c'è la dignità di un uomo di colore che ha subito le angherie e gli insulti troppo a lungo, anche dopo aver raggiunto una posizione sociale di rilievo nella comunità locale, è sempre e solo uno "sporco negro" per le autorità bianche e nel progredire della narrazione una scheggia impazzita da mettere a tacere, perché vuole divorziare a tutti i costi tramite un processo visto che la moglie non vuole chiudere consensualmente la pratica di divorzio. Negli Stati del Sud anche un divorzio tramite un avvocato diventa un problema enorme che sconvolge lo status quo imperante. Partendo in sordina tramite due storie parallele (ed appesantito da una sottotrama abbozzata e troppo riempitiva del nipote dell'avvocato anti-razzista), che mano a mano s'incrociano tra loro, negli ultimi 30 minuti c'è una escalation di violenza inaudita, con un terrificante regolamento di conti tra Jones e gli agenti di polizia, che vogliono fare di tutto per impedire il processo, scontrandosi con la ferma e decisa volontà dell'uomo e chiudendo il lungometraggio all'insegna di un glaciale status quo, che dice tutto su cosa gli Stati Uniti sono fondati; sangue e violenza in un eterno ciclo ripetitivo senza fine tramite una scena che riconduce il tutto all'essenza americana della terra e del grano, concludendo la pellicola con un finale che concettualmente rimanda al capolavoro assoluto Piccole Volpi (1941), ma in modo ancor più caustico e pessimista. Flop di pubblico e di critica all'epoca, se il cast di attori sconosciuti ed il razzismo degli spettatori degli stati meridionali degli USA può essere una motivazione di ciò per spiegare il primo (in effetti oltre metà degli attori sono di colore), inspiegabilmente il massacro critico che etichetto' l'opera come vecchia di 10 anni rispetto ai tempi in cui era uscita, critica inspiegabile perché il contenuto era di forte attualità e degno di uno Spike Lee in forma, forse evidentemente la critica perbenista USA credeva che il razzismo fosse stato sconfitto con i diritti civili del 1964 e filmetti come Indovina chi viene a cena?, ed il testamento artistico di Wyler era troppo duro, pessimista, schietto su certi argomenti e profondamente anti-accademico nonostante sia stato per decenni l'emblema del regista accademico con le sue 12 nomination. Purtroppo il flop fu fatale e forse sentendosi un regista vecchio innanzi al nuovo cinema, Wyler a 68 anni appese la macchina da prese al chiodo fino alla morte, con il suo ritiro il cinema perse uno di coloro che avevano posto le basi di esso dal punto di vista tecnico.

 

Roscoe Lee Browne, Anthony Zerbe

Il silenzio si paga con la vita (1970): Roscoe Lee Browne, Anthony Zerbe

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