Regia di William Wyler vedi scheda film
Film difficile da reperire (risulta in vendita in Dvd solo in lingua originale), è però disponibile anche su YouTube sempre in lingua originale. Per chi ha una discreta dimestichezza con l’inglese è senza dubbio una pellicola che lascia tantisssimo spazio alle riflessioni. Innanzitutto fa clamore che sia l’ultimo atto di un regista che aveva diretto kolossal entusiasmanti, primo tra tutti Ben Hur, ma anche celebri titoli del western come Il grande paese o La legge del Signore, commedie brillanti come Vacanze romane. Nel 1965 riuscì a realizzare un personale ed inquietante thriller : Il collezionista. Con Il silenzio si paga con la vita Wyler si inserisce in un filone che stava emergendo a Hollywood sotto svariati generi. Dalle commedie (Indovina chi viene a cena) al poliziesco (La calda notte dell’ispettore Tibbs) o al film processuale (Il buio oltre la siepe) emergeva in modo sempre più preponderante l’esigenza di fare i conti con gli aspetti più controversi della società contemporanea in particolare sul razzismo nei confronti della comunità di colore. Se alcuni di questi film offrivano anche una visione per lo meno di riscatto e di presa di coscienza da parte dei protagonisti ecco che il vecchio Wyler imposta un’opera che non fa alcuno sconto e anzi approccia le tematiche del razzismo e della violenza con un realismo sorprendente per un regista appartenente alla scuola della vecchia Hollywood. Il contesto rurale del Tennesse, dove i notabili del paese abitano ancora in case simile ai proprietari delle vecchie piantagioni e i neri sono ancora confinati ai confini della società sebbene alcuni di loro abbiano acquisito un certo livello di benessere, trasmette sin dall’inizio una sensazione di calma fittizia e anzi si percepisce come la società sia ancora ben ancorata a delle logiche del passato. Il caso del protagonista e vittima principale del film riguarda il ricco impresario di pompe funebri Lord Byron Jones che appreso dei tradimenti della giovane ed affascinante moglie Emma con il poliziotto bianco Willie Joe Worth, che è con ogni probabilità il padre biologico del bambino che lei ora porta in grembo. Una causa di divorzio però porterebbe il poliziotto ad essere coinvolto nella vicenda e quindi Willie non si tira indietro nell’utilizzare la violenza più bruta prima per cercare di dissuadere Emma e poi per eliminare fisicamente il marito. Questa vicenda si interseca con la vita di altri personaggi: il potente avvocato Oman Hedgepat che sembra una colonna dello status quo della gerarchia cittadina, il giovane e promettente nipote di Hedgepat, Steve, anch’egli avvocato, che insieme alla moglie Nella, tenta di convincere suo zio a cambiare le cose nella città e a farsi anzi promotore di questo cambiamento grazie alla sua autorità ed influenza. L’epilogo è tra i più cupi che si possano prevedere: Lord Byron viene barbaramente ucciso da Willie e dal persino più brutale collega Stanley i quali inizialmente estorcono delle confessioni a Emma e ad un altro uomo di colore in modo da farli imprigionare. Il crollo emotivo di Willie che si autodenuncerà al sindaco della città non porterà però ad alcun passo avanti per la giustizia. Hedgepat infatti farà in modo di liberare i due ingiustamente imprigionati ma altrettanto abilmente riuscirà ad insabbiare l’omicidio in modo da non creare alcuno scandalo e portare avanti quell’equilibrio di razzismo e soprusi sui cui si regge il contesto locale. L’indignazione della comunità nera si esprime attraverso la figura di Sonny Mosby il quale, deciso ad uccidere Stanley, avrà la capacità di eliminarlo facendolo figurare un incidente agricolo. Parallelamente Steve e Nella che rappresentavano l’opportunità di una nuova generazione di persone, improntate a scavalcare i pregiudizi del passato, consapevoli delle responsabilità di Hedgepat nella vicenda abbandoneranno la città. Come anticipato dunque il film non lascia speranze di redenzione e tantomeno vi è alcun cambio di posizione da parte dei personaggi che escono di scena con tutta la loro coscienza consapevolmente sporca. Da notare come Wyler inoltre sia intento a mostrare dettagli di profonda sgradevolezza: una ragazza nera che viene abusata sessualmente dai poliziotti con la promessa di intercedere nei confronti del marito che si trova in prigione, le confessioni estorte ai prigionieri attraverso un pungolo per bovini. Il razzismo e la superiorità dei bianchi emerge anche nei rapporti affettivi, difatti Willie non si tira indietro a malmenare la sua amante una volta appreso che questa relazione può costargli il posto di lavoro. Notevoli tutti gli attori a cominciare dal grande Lee J. Cobb e dal viscido Anthony Zerbe, accompagnato dall’ancor più ripugnante Arch Johnson, di grande fascino invece la bellissima Lola Falana. Reputo quindi questo film un gioiellino da annoverare tra i classici del periodo e soprattutto un bellissimo canto del cigno di un grande regista.
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