Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
È il 1988 e Pedro Almodovar porta alla Mostra del Cinema di Venezia il suo "Mujeres al borde de un ataque de nervios". Il film non viene preso in considerazione dalla giuria presieduta da Sergio Leone ma ottiene un grande successo di pubblico e critica rivelando, al contempo, l'estro creativo del regista spagnolo alle masse. Il repulisti funziona. L'anarchia politica e narrativa che regnavano nei precedenti lavori si stempera e la storia diviene universale affrancando il cinema almodovariano dal contesto socio-politoco della penisola iberica. Il vento del rinnovo spinge il cinema del maestro al di fuori della Spagna e dell'Europa facendo scalpore e conquistando premi e la nomination agli Oscar. Almodovar non rinuncia del tutto alla satira che ha contraddistinto la sua filmografia ma alleggerisce i toni palesando la propria empatia per i giovani e imberbi protagonisti che, dimentichi "dell'Ancien Régime", rappresentano il cambiamento in atto nella penisola. Carlos (Antonio Banderas) e Marisa (Rossy de Palma) sono cresciuti in un paese finalmente libero e le loro vite sono piene dell'intusiasmo di ogni giovane coppia votata all'amore che non ha mai dovuto affrontare la mancanza delle libertà fondamentali. Gli adulti, invece, credono alle pillole che leniscono il dolore e alle bugie che impediscono alle proprie architetture di crollare. Gli adulti vivono nella menzogna. É questa ad influenzare le scelte di Pepa (Carmen Maura), Lucia (Julieta Serrano) e Paulina (Kiti Mánver). Ugualmente innamorate dello stesso viscido uomo, Ivan (Fernando Guillen), che le inganna spudoratamente, si danno battaglia per ottenerne i favori, ammaliate dalla "doppia" voce dell'uomo che riempie le caselle vocali di messaggi di dolce vigliaccheria. Un amore frainteso e unilaterale vissuto dalle eroine almodovariane che si presenta come fotocopia sbiadita di tale sincero afflato. Le scene del doppiaggio di Joan Crowford in Johnny Guitar rappresentano la sintesi della finzione e dell'illusione. Se i sentimenti provati dagli adutli sono vuoti come le battute recitate da Pepa, mentre scorrono le immagini della pellicola di Nicholas Ray, l'amore tra Carlos e Marisa è virginale ed idilliaco. I giovani fidanzati piombano in casa di Pepa per affittarne l'appartamento e vengono travolti dal mondo degli adulti, da un telefono che squilla di continuo, senza che nessuno riesca mai a comunicare, ma ne escono cresciuti e speranzosi che la loro realtà non sia finzione ma poesia.
Almodovar dimentica il sarcasmo e riempie questa commedia di una strampalata ironia. Tutto sembra reale e allo stesso tempo è finto come il sogno orgasmico di Marisa o i fondali nel terrazzo di Pepa dove la povera e dimenticata Candela tenta il suicidio (per amore). La passione può sconfinare in un amore vuoto e falso ma rimane pur sempre vera, di più, folle come il sentimento di Lucia che finge la guarigione per portare a termine la propria vendetta; isterica come lo stato d'animo di Pepa che trangugia sonniferi nel tentativo di assopire i propri sensi; mascolina e possessiva come quella di Paulina che non capisce di essere caduta, essa stessa, nella trappola. La passione è rossa come il gazpacho avvelenato, come i vestiti di Pepa e Marisa, come un telefono che suadente racconta le peggiori bugie nella voce "doppia" e melliflua di Ivan.
Appariscente come le moke che pendono dalle orecchie di Candela (Maria Barranco), romantico come le commedie degli equivoci di stampo hollywoodiano, "Donne sull'orlo di una crisi di nervi" è isterico come le sue protagoniste, passionale come la vita e dissacrante come una segreteria, cuore meccanico delle emozioni inespresse.
Curiososamente "Donne sull'orlo di una crisi di nervi" è stato anche l'ultimo film di Almodovar sbarcato a Venezia. Da lì in poi il regista spagnolo avrebbe giurato fedeltà al Festival di Cannes. Non sfuggirà l'ironia nella decisione della Biennale d'Arte di assegnare al maestro spagnolo il Leone d'Oro alla carriera. Se le motivazioni artistiche sono indiscutibili la decisione avrà fatto trasalire il diretto interessato ed il festival francese che di fatto non ha mai premiato Almodovar con la Palma d'Oro nonostante l'onorato trentennale servizio a favore del Festival.
Dunque a settembre il buon Pedro dovrà presenziare a Venezia e, magari, dopo la consegna del premio e la proiezione di questo suo film (il più iconico della carriera e del cinema spagnolo moderno in genere) lo accompagneranno alla proiezione di "the Irishman" o "the Laundromat". Una frecciatina a Pedro per aver snobbato la Mostra, che dimostra di avergli perdonato tale birichinata ed un colpo d'artiglieria verso la costa Azzurra che non ha ancora pensato a riconoscere il talento del regista. Nella sempre più evidente battaglia tra i due maggiori Festival europei i colpi non si sprecano, naturalmente, intrisi di almodovariana ironia e passione. Brindiamo a gazpacho.
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