Regia di Andrej Konchalovskij vedi scheda film
Forse con quest'opera Konchalovskij sperava di conquistare un consenso anche politico da parte della critica ufficiale, attraverso un lungo poema siberiano, per diversi aspetti celebrativo di quella terra per lo più considerata inospitale e della sua gente, eroica e laboriosa. Nel primo episodio, viene domandato ad alcuni siberiani cosa pensino della loro terra e quelli rispondono che è fuori dai confini del mondo. Nell'ultimo episodio, la lunga corsa delle due famiglie che vediamo protagoniste della saga, si conclude con il ritrovamento di un giacimento di petrolio, un evento che rimette la Siberia al centro del mondo. E ai piedi di questo pozzo di petrolio si ritrovano gli ultimi rampolli delle due famiglie che vediamo muoversi nella monumentale opera del regista russo, gli Ustjuzanin, proletari e vitali, e i Solomin, determinati e arrivisti, sempre detentori del potere, dai tempi degli zar fino all'epoca brezneviana.
Si assiste a momenti emozionanti, come nel finale, quando si apprende che gli Ustjuzanin non si sono estinti con il gesto eroico di Aleksej, ad altri più retorici - quelli che dovevano sedurre la nomenklatura - ed ad alcuni quasi magici, che curiosamente avvicinano il film ad un'opera coeva dell'amico Tarkovskij: la Criniera del Diavolo, foresta che sovrasta il villaggio di Elan ricorda vagamente la Zona di Stalker.
E non si può non pensare, almeno per quanto riguarda l'ispirazione, al primo Heimat di Reitz: Siberiade non possiede la profondità con la quale il regista tedesco approccerà la storia del suo villaggio e del suo paese, ma soprattutto Konchalovskij non poté operare in perfetta libertà, cosa che fa di questo film l'ultima opera del regista in patria, dove tornerà a girare soltanto nel 1994, in epoca eltsiniana, per Asja e la gallina dalle uova d'oro.
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