Regia di Ennio Lorenzini vedi scheda film
Non è un film sulla vita di Carlo Pisacane, come pure qualcuno ha incautamente scritto. Il racconto del povero Ennio Lorenzini (morto nel 1982 ad appena 48 anni) pone al centro gli ultimi giorni della progettazione e della tragica realizzazione della spedizione di Sapri, quella di «eran trecento, eran giovani e forti…». Pisacane non mirava soltanto alla sollevazione del Sud d’Italia contro il Borbone: voleva la rivoluzione. Riteneva che alle popolazioni contadine si dovesse dare prima l’esempio (il pane) e dopo l’istruzione, patriottica e sociale che fosse. Non si faceva troppe illusioni sulla riuscita della sua spedizione; sperava di ricevere l’aiuto dei contadini, ma era convinto che, anche in caso di fallimento, il sacrificio suo e dei suoi compagni avrebbe costituito un seme per le generazioni future. Questo concetto è racchiuso molto bene nella frase del titolo, che è anche un verso delle belle canzoni popolari composte da Roberto De Simone. E in questo senso, il film si pone come contraltare della famosa poesia di Luigi Mercantini. Pur con i difetti della produzione poveristica (che tuttavia non si priva di qualche ottimo attore, come Giulio Brogi e il compianto Stefano Satta Flores), Quanto è bello lu murire acciso è un buon film, a metà strada tra l’ultimo Rossellini ed i fratelli Taviani, che nel finale si concede un omaggio esplicito al Salvatore Giuliano di Rosi ed apparenta Pisacane a Che Guevara e a tutti i martiri dell’ingiustizia sociale.
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