Regia di Fabio De Luigi vedi scheda film
AL CINEMA
"Sai una cosa? Dovremmo aggiungere una nuova regola... Fare un finale alla Thelma e Louise"
La complicità tra due fratelli bambini si è rotta quando un particolare proibito inerente una relazione extraconiugale della madre, viene riferita al padre dal figlio più grande, Rocco, come atto dovuto, ritenuto come il gesto più sensato da compiersi. Ma il disfarsi della famiglia crea per Rocco un senso di colpa che il ragazzo, ora uomo, si porterà dietro per tutta la vita, scegliendo di dedicarsi al padre, visto che la madre, ora defunta, grazie alla sua spiata, decise di dileguarsi per rifarsi una vita.
Guido invece, l'altro fratello, estroverso e ribelle, ha scelto di comportarsi come la madre, dileguandosi. Alla morte annunciatissima del padre (Alessandro Haber, magnifico), Rocco (Fabio De Luigi, a suo agio con un personaggio che gli si dice addosso) deve consegnare una lettera che il genitore ha scritto all'altro figlio, il prodigo Guido (uno Stefano Accorsi in gran forma), non vedendolo da trent'anni e più.
Al funerale, loro malgrado, i due fratelli si ritrovano, e dopo una plateale baruffa iniziale, troveranno il modo di mettersi in viaggio, con due apparentemente inadeguati ma a tutti gli effetti tostissimi motorini 50 della loro infanzia, assemblati proprio dal padre meccanico ad inizio ani '80, per dare corso ed esaudire le ultime, un po' pretenziose e bizzarre volontà paterne presso il capezzale materno.
Alla sua terza impresa in qualità di regista, dopo i per nulla eccelsi, anzi assai pedanti ed inconsistenti Tiramisù (2016) e Tre di troppo (2023), il simpatico e bonario Fabio Del Luigi scrive e dirige una piccola commedia leggera ed esile quanto basta per allinearsi ai titoli precedenti, ma forte di diverse tematiche ben trattate, in grado di elevare le sorti di quella che pare la solita commedia dei contrasti caratteriali tra parenti stretti.
50 km all'ora, il cui titolo allude alla velocità massima consentita ai due fratelli per raggiungere la meta indicata nella lettera paterna con i due inadeguati ma tosti mezzi a due ruote riesumati dopo trent'anni di inattività, finisce per trattare con finezza, garbo ed una azzeccata ironia tematiche semiserie come la solidarietà tra uomini in difficoltà, il disagio di rapportarsi con la realtà e con se stessi, il dissidio famigliare apparentemente insanabile, che tuttavia si apre a sbocchi a prima vista apparentemente imprevisti.
Ma anche argomentazioni specifiche come la paternità ed il senso di responsabilità che ne consegue, fino a tematiche universali come l'inadeguatezza e l'insoddisfazione che scaturiscono da troppi anni di autocostruzione causata da lancinanti sensi di colpa.
Fabio De Luigi azzecca innanzi tutto il cast, che lo include prima di tutti e vede coinvolto un bravissimo e brillante Stefano Accorsi, perfettamente a suo agio con un personaggio solo apparentemente approssimativo e caciarone.
L'insolito road movie, divertente e in grado di suscitare anche sonore risate grazie a gags ben giostrate e sapientemente gestite, non può certo arrivare a suscitare entusiasmi, ma è certo l'opera più fresca, sincera e sentita di un Fabio Del Luigi finalmente a suo agio sia a livello di sceneggiatura, che di direzione.
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