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Quadrophenia

Regia di Franc Roddam vedi scheda film

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La recensione su Quadrophenia

di alan smithee
6 stelle

Ci sono film che al di là del loro valore intrinseco (comunque buono se non ottimo), risultano vere e proprie pietre miliari per la testimonianza che si portano dietro relativamente ad un periodo storico e culturale, ad una classe sociale, ad una categoria anagrafica particolare o ad una generazione che si è distinta per qualche motivo: sapersi ad esempio far valere contro le più comuni regole condivise dalla società del tempo e ribellarsi all'appiattimento di impostazioni stabilite da convenzioni dettate da un buon senso giudicato ormai fuori luogo. Esempi come Gioventù bruciata nei ’50. Easy Rider e Fragole e Sangue, Band à part, lungo tutti gli anni ’60, Hair e Rocky Horror Picture Show per i ’70, sono assurti a veri e propri simboli di un’epoca di cambiamento, testimonianze preziose di anni drammatici o problematici in cui una generazione (i giovani generalmente) si sono battuti per la salvaguardia di diritti o il riconoscimento di valori a loro giudizio oppressi o pregiudicati da un sistema o un ordinamento di stampo oppressivo e mortificante. In questo contesto un film come Quadrophenia, tornato in questi giorni nelle sale francesi anche se oggi forse inevitabilmente un po’ datato, ma almeno a tratti ancora affascinante, si inserisce perfettamente nel contesto del periodo in cui l'azione si svolge come simbolo di un’epoca di proteste e di sollecitazioni anticonformistiche nei confronti di una società ritrosa verso spinte innovative e  non ancora pronta né disposta a tollerare comportamenti giudicati offensivi alla morale e sconvenienti per l’ordinamento sociale più comunemente inteso e diffuso.
La peculiarità più insolita del film, diretto sul finire dei Settanta dal non proprio eccelso ed illuminato Frank Roddam (si pensi che è suo quel mezzo disastrino de “La sposa promessa”, anche quello con Sting e con Jennifer Beals, girato in mezzo agli anni ’80), è che fa riferimento ad un periodo ben precedente a quello della sua uscita in sala e certamente distante anni luce per cultura, moda e attitudini di pensiero, dall’anno in cui il film fu concepito. Nella storia infatti si ritorna infatti indietro a meta’ anni Sessanta, nella Londra ancora bigotta e benpensante che rifugge ed esorcizza i primi moti di ribellione da parte di quell’irrefrenabile banda di ragazzi che rifiuta di catalogarsi tra le maglie castranti di regole e dettami che non riesce più a sopportare né tantomeno a considerare come una base delle proprie attitudini e prospettive di vita. Tra costoro ama avvicinarsi pure il timido fattorino Jimmy Cooper, di indole ancora molto mite, ma piuttosto propenso a seguire le linee guida di una generazione che sceglie la stravaganza per manifestare un senso di ribellione e rifiuto dei dogmi più unanimemente condivisi dalla società dell’epoca. Nel partecipare e rendersi protagonista di sfide sempre più folli e scatenate, il giovane si avvicina anche al fumo e a droghe sempre più “impegnative”: usi e costumi, colori e tendenze a cui fanno da sottofondo in modo più che consono le musiche leggendarie e pertinenti degli Who, tratte dall’omonimo famoso album del celebre gruppo, che tuttavia uscirà solo nel “futuro” (rispetto all’ambientazione del film) ’73.
Affiancato da uno Sting giovane e ossigenato nel ruolo breve ma fondamentale dell’angelo ribelle e spavaldo che non teme un processo per far valere le proprie stravaganti opinioni, un inedito e poi sparito completamente dalla circolazione Phil Daniels interpreta con efficacia e opportuno stupore di occhioni cerulei costantemente in primo piano, il ruolo dell’intenso protagonista, impegnato verso l’epilogo in una corsa ad ostacoli lungo il celebre precipizio delle bianche scogliere della Manica a bordo di una leggendaria vespa super taroccata. Un percorso in bilico sul burrone che sancisce la fine di un epoca e di uno stile di vita e la cui vertigine verso l'ostacolo non è rappresentata solo fisicamente dalla famosa vertiginosa rupe, ma anche e soprattutto metaforicamente dall'abisso delle tentazioni giovanili, necessarie ed indispensabili nell’età della ribellione per dare un senso ad una vita che invece ti incasella dalla nascita e dall’estrazione popolare ad un destino piatto e uniforme che a quell’età è difficile riuscire ad accettare senza provare concretamente a rifuggire.   

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