Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film
Fine millennio di una generazione persa
Film del regista taiwanese Hou Hsiao-Hsien,
è quasi una non-storia di degrado esistenziale, una sorta di compendio dell'iconografia urbana che il regista ha sviluppato negli anni '90, descrivendo in maniera assai efficace il senso di assoluto smarrimento e precarietà che condiziona la vita delle nuove generazioni taiwanesi.Attrice protagonista è la bellissima Shu Qi, che qui interpreta Viky, una ragazza domiciliata a Taipei, in una disperata Taiwan di fine millennio. Viky vive senza particolari ambizioni, votata per certi versi alla propria dissoluzione, divertendosi ed ubriacandosi in consuetudine seriale con gli amici in locali notturni sonorizzati a ritmo di musica techno (il film è stato premiato a Cannes nel 2001 per la colonna sonora).
Una voce narrante, che racconta freddamente i momenti topici dell'esistenza di Viky, la descrive psicologicamente legata ad Hao-hao (Tuan Chun-hao), suo coetaneo manesco e indolente, privo di qualsiasi ambizione che non vada oltre la droga e i rapporti intimi con la stessa ragazza, che controlla gelosamente ed in maniera asfissiante fin da quando le ha impedito di conseguire la maturità scolastica, evento che avrebbe rimarcato la sua inferiorità culturale e sociale verso di lei. Per mantenerlo economicamente, Viky si degrada fino a fare da spogliarellista presso il locale di Jack (Jack Kao), maturo e generoso uomo d'affari che le fa da fratello maggiore e con il quale ha un forte e duraturo legame che oscilla tra l'amicizia e l'intimo.
Alla fine si ritroverà sola, senza entrambi, ma forse con la possibilità di costruirsi una vita. Il finale immersi nella imprevista nevicata di Tokyo dice tutto.
Il film si apre con un memorabile piano sequenza di oltre 2 minuti portato avanti lungo un tetro tunnel illuminato a neon, nel quale inizia la narrazione vocale sulla protagonista (quasi un ricordo del passato) inquadrata di spalle, che si rigira più volte guardando in camera, consapevole dunque della presenza di un conoscente che la stia riprendendo. Una scheggia di vita quotidiana che conduce alla vera e propria narrazione dei fatti. Si tratta di una successione che ha il sapore di una ripresa amatoriale, quasi un innesto esterno con il duplice scopo sia di instillare l'idea del ricordo di un evento tra amici, sia di sottolineare la fruibilità dei moderni mezzi di ripresa e dunque di suggerire la collocazione temporalmente moderna di quel passaggio.
La rappresentazione dei personaggi pare asettica, quasi documentaristica, ma la scelta delle situazioni rappresentate e la stessa strutturazione estetica delle riprese (perché questo film è più immagini che storia, con una mdp in costante movimento ed attenzione al dettaglio, alle smorfie, ai gesti) lasciano trapelare un profondo e severo sguardo morale su una gioventù anestetizzata ed annichilita dalla perdita di qualsiasi riferimento, speranza o aspettativa che non sia il lasciarsi vivere in un susseguirsi di autolimitanti inazioni.
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