Regia di Walter Salles vedi scheda film
Ravi Ramos Lacerda ( il piccolo Pacu dal grande cuore ed ancora capace di sognare in un mondo dove l’unica regola che vige è quella dell’odio e della violenza); Rodrigo Santoro (il fratello maggiore Tonio, occhi neri smarriti e con dipinto sul volto il suo destino ineluttabile di assassino vendicatore e allo stesso tempo di vittima predestinata); José Dumont ( il padre, arcaico e severo nella sua possente figura di patriarca/padrone irremovibile nelle sue scelte); Rita Assemany (la madre, fragile e silenziosa nella sua minuta figura di donna sottomessa ad un destino più grande e più forte di lei) e Flavia Marco Antonio ( Clara, la ragazza del circo dagli occhi blu e dalla inconsapevole sensualità devastatrice): sono i volti di questi attori a far vibrare di emozione pura la storia raccontata nel film “Disperato Aprile” di Walter Salles (“Central do Brasil”), liberamente tratto dal romanzo omonimo di Ismail Kadarè.
Insieme al talento visivo e registico di Salles, capace di dare alla sua “favola” i giusti valori simbolici che la rendono universale ed assoluta nella sua apparente semplicità, è infatti nella direzione degli attori, nel come Salles riesce a tirar fuori da ciascuno di loro le sfumature e le emozioni più dirette e semplici che riesce ad appassionarci e conquistarci con la sua storia di faide familiari senza fine e senza tempo.
Ambientato nel serto brasiliano, una regione aspra e rocciosa, due famiglie confinanti sono coinvolte in un’antichissima faida originata da una controversia sulla terra e sarà una camicia macchiata di sangue e stesa al sole a stabilire, di volta in volta, il “buon” tempo perché alternativamente venga ucciso un membro di una delle due famiglie, per vendicare il sangue versato e l’onore della famiglia in una spirale di violenza senza fine. Ma l’affetto fraterno (il piccolo Pacu si rende protagonista di un sacrificio d’amore assoluto) e la scoperta dell’amore tra le braccia della giovane Clara libereranno Tonio dalla sua “prigione” (dopo aver ucciso un membro della famiglia rivale, era arrivato il suo turno di attendere inerme la vendetta del vicino). E senza mai cadere nel retorico o scivolare nel didascalico Walter Salles testimonia questa “storica” liberazione con la sola forza di immagini (emozionante la fotografia di Walter Carvalho e le musiche di Antonio Pinto) che riproposte continuamente nella loro quotidianità (è onnipresente la ruota del mulino trainata dai buoi per la spremitura della canna da zucchero) confermano di come il destino degli uomini, in ogni tempo e latitudine, sia un cerchio inesorabile d’amore/odio dal quale è quasi impossibile fuggire.
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