Regia di Claude Lelouch vedi scheda film
AL CINEMA - VENEZIA 81 - FUORI CONCORSO
Un avvocato di grido, dalla vita agiata e piena di affetti, a seguito di un problema di salute si ritrova afflitto da una singolare patologia nota come "degenerazione fronto-temporale", in gergo "follia dei sentimenti", che lo rende incapace di omettere di riferire ciò che pensa.
L'uomo si ritrova quindi incapace di mentire, perdendo ogni filtro e pudore che gli consenta di trattenere tutto ciò che potrebbe urtare chi gli sta vicino.
Per questo motivo l'uomo molla tutto e parte in un viaggio solitario nel nord della Francia, per poi scendere in Provenza, prendendo coscienza della sua passione per la tromba ed innamorandosi di una nuova donna, di professione contadina.
Il cinema di Claude Lelouch è sempre stato l'esaltazione dell'uomo farfallone che coltiva amori disparati in ogni luogo che frequenta e si rapporta con donne che, salvo qualche rimostranza iniziale, si dimostrano sempre comprensive e protese a fare parte di un concetto di famiglia estesa che, per l'autore, è il segreto della serenità e del raggiungimento di un equilibrio fisico e psicologico.
Posto che il cineasta francese ottantaseienne ormai ha titolo, età anagrafica ed onori per dire e predicare ciò che vuole, facendolo pure bene (il film è diretto tecnicamente davvero bene), la sua ultima compiaciuta ed edulcorata favoletta (im)morale, a tratti persino divertente e spigliata, costituisce l'ennesimo tentativo di confutare quel pugno di facilonerie e spavalderie da sciupafemmine che hanno caratterizzato, anche e soprattutto nella realtà, la sua indefessa fama da sciupafemmine.
Chiunque altro collega al posto di Lelouch sarebbe naufragato tra improperi e dileggi, in parte pure pienamente pertinenti.
Succede, per fare paragoni con nomi e cognomi, l'assurdo che si critica spesso senza appello Roman Polanski ed il suo recente sarcastico simil-cinepanettone The Palace, ma con Claude Lelouch ci si esalta senza ritegno, in modo incondizionato.
Il celebre regista transalpino celebre per aver sempre raccontato di amori intensi e problenmatici, ne esce ancora vincitore, e il suo ultimo eroe farfallone, per non definire volgarmente, ma anche realisticamente puttaniere, si destreggia in siparietti con scorci agresti degni di uno spot piacione e altre fesserie improbabili popolate da donne sempre comprensive, pacate, disposte alla tolleranza e al perdono.
C'è anche una canzone che ha lo stesso titolo del film, e che risulta agghiacciante con le sue rime follemente forzate anche se cantate con la voce da usignolo della bella Barbara Pravi.
C'è un Kad Merad dalla voce non meno magnifica, sornione ed edulcorato quanto basta da sembrare un fumetto.
E c'è Françoise Fabian, regale, ancor magnifica sebbene 91enne, madre dello smemorato e sin molesto protagonista, che rimane una sorta di burlesco messia moderno e canterino "che suona una tromba che ama un pianoforte".....
C'è tanto, probabilmente troppo, come in ogni opera di Lelouch più tipica e motivata.
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