Regia di Peter Watkins vedi scheda film
Steven Shorter è una star, un idolo assoluto delle folle e delle masse giovani, ma è completamente senza potere. Solo una facciata costruita ad arte da un fascismo soft per creare il consenso, per manipolare il pensiero e incanalare la furia sovversiva della popolazione giovanile verso una sorta di divinità da adorare.
Steven Shorter è un essere senza personalità, non malvagio ma asservito alla volontà altrui. Il volto perennemente teso e sofferente di colui che è sul punto di esplodere, perchè gradualmente consapevole del suo vero ruolo: l'ultimo ingranaggio di una macchina enorme costruita sul consenso di cui non ha alcun controllo.
La ribellione di facciata ha come unico scopo la creazione di una valvola di sfogo che dura solo nello svolgersi di una esibizione o di un concerto. Dopo si torna a quello che viene definito un "fruttuoso conformismo".
Privilege è una pellicola più inquietante di quanto non mostri sullo schermo. Anzi la scelta di non usare tonalità eccessivamente cupe (ad eccezione del concerto pseudo religioso nella seconda parte, summa del suo "percorso" di redenzione) lo rende ancora più angosciante proprio per la sua apparente normalità. Watkins inoltre sfrutta benissimo il soggetto che, seppur ancorato all'epoca, mostra ancora di essere valido ed attuale. Non nuovo fra l'altro a questo tipo di tematiche, trattati in contesti futuri prossimi distopici come nel notevole mediometraggio The War Game.
Certamente meno ancorato ad un'ottica di genere puro, se vogliamo più autoriale, però non si possono non notare punti in comune con pellicole successive come Rollerball. Merita certamente un recupero.
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