Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Non sei straniero, sei solo povero.
Ritorna Gabriele Salvatores che scrive e dirige NAPOLI-NEW YORK su un soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli ritrovato circa vent’anni fa. Meglio tardi che mai.
Napoli, 1949. A seguito di un crollo di un palazzo, causato da un misterioso boato, la piccola Celestina ne esce praticamente incolume, ma senza più sua zia. Rimasta senza più prospettive e senza più nessuno ad eccezione di Carmine, un bambino di strada poco più grande di lui, decide di raggiungere sua sorella Agnese a New York. Sfruttando una circostanza fortuita tramite George, un cuoco di bordo afroamericano, i due salgono a bordo di una nave diretta in America come clandestini. Dopo dei battibecchi col capitano Domenico Garofalo e vari episodi con il personale di bordo e i passeggeri alla fine riescono a mettere piede a New York. Spinti dalla fame e intenzionati a cercare Agnese di lì partiranno peripezie di natura umana, sociale, politica e anche giudiziaria.
Il film ha dalla sua una buona regia con un’ottima direzione degli attori, i bambini sono bravissimi e spontanei e Pierfrancesco Favino al solito è bello calato. Così come le musiche, le scenografie, i costumi e la fotografia danno una bella ricostruzione storica di Napoli e New York. Specialmente dalla seconda parte la messinscena migliora dal punto di vista visivo. Anche la storia, seppur con diversi punti un po’ favolisti, riesce a raccontare molto bene le dinamiche attraverso le condizioni degli immigrati italiani, di come c’era molto razzismo e pregiudizio e divisione sociale tra i quartieri alti che non guardavano in faccia a nessuno e i vari ghetti di New York più attenti al prossimo. Si sfocia nella ricerca della verità e nel congiungersi come una vera famiglia, ma senza sfociare nel retorico melassoso.
I personaggi poi sono belli tratteggiati e si evidenzia la loro umanità, solidarietà e la complicità nel voler sopravvivere in un mondo e in un’epoca ancora ben lontana dall’essere pienamente civile. Di come lo straniero è considerato tale solo ed esclusivamente quando è povero e/o vestito di stracci.
Certo, c’è una componente legal drama e di cronaca "storica" anche piuttosto importante che unisce svariate tematiche italo-americane e femministe, ma è troppo tirata via e affrettata in alcune scene come se mancassero dei pezzi sia logici che narrativi. In più serviva spingersi un po’ di più nel mostrare del marciume anche nei quartieri bassi ed evitare alcuni momenti retorici.
Fortunatamente la sottotrama dei due ragazzi e del capitano riesce a riportare meglio sui binari fino ad un finale soddisfacente.
Salvatores ha fatto decisamente di meglio, ma tutto sommato è un buon film che rende giustizia a due vecchie glorie passate del cinema italiano.
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