Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
AL CINEMA
Nel 1949 una bomba rimasta inesplosa dalla guerra, scoppia improvvisamente tra i ruderi abitati della Napoli ancora segnata dal conflitto ed è una strage. Celestina, già orfana, perde pure la nonna e si rifugia dal giovane Carmine, pure lui ragazzino di strada.
Ma la vita di quartiere a mendicare e vendere sigarette contraffatte regala poche soddisfazioni e lascia lo stomaco semivuoto.
Coinvolti in un affare losco con un cuoco di una nave americana in partenza, i due finiranno per imbarcarsi verso New York, dove Celestina sogna di riunirsi con la sorella, che lei crede sposata ad un soldato americano tornato in patria e poi da lei raggiunto.
Sul battello dovranno nascondersi dal burbero commissario di bordo Domenico Garofalo (Francesco Favino), che tuttavia in seguito non solo cercherà di celarli per non compromettere la sua carriera, ma si adopererà con tutto se stesso per ritrovare i due e assicurare loro un futuro ben più roseo di qualsivoglia altra previsione plausibile.
Certo i nomi di Federico Fellini e Tullio Pinelli come autori del soggetto originale di un progetto mai riuscito a partire, fa da importante trampolino di lancio al nuovo film che Gabriele Salvatores dirige dopo averne scritto la sceneggiatura basandosi sulla prestigiosa idea di origine.
Ma l'inghippo si rivela ancora più rovinoso se si pensa sia alla lucidità della narrazione del Pinelli più tipicamente neorealista, sia alla fantasia scenica di stampo teatrale del Fellini più maestoso e felicemente ridondante e sognante.
Già la New York digitale trasforma una città che istintivamente dovrebbe sorprendere a livello scenografico quasi quanto quella di Sergio Leone in C'era una volta in America, si riduce invece in una sorta Las Vegas tutta luci da flipper che non regala nessun sentimento positivo.
E poi la storia, che col passate del tempo accumula caramello sempre più dolciastro ed indigesto con due protagonisti bambini bellissimi e pure bravi, ma che si muovono come scimmiette perfettamente addestrate senza nessuna traccia di sincerità, fa male al cuore.
E proseguendo il film peggiora sempre più, affogato in un melassa fuori controllo.
Accompagna la grande festa un compendio musicale molto accattivante con pezzi molto noti e belli (Be my baby di The Ronettes, Somewhere di Tom Waits magnifica, Wonderful Life in versione Katie Melua, Pay me my money down di Springsteen fino a Li Saracini adoranu stu sole della Nuova Compagnia di Canto Popolare), e Francesco Favino non si può dire che non c'è la metta tutta per tratteggiare i contorni di un essere umano che trasuda empatia man mano che si delinea la sua figura.
Ma tutto sa di artefatto, di studiato a tavolino per compiacere.
E a funzionare meno di tutto sono ahimè proprio le figure adorabili e perfetti e dei due giovani protagonisti, dipinti come figure argute e scaltre, ma sempre empatiche e corrette, gentili e simpatiche, brillanti e disincantato.
Emblema di una gioventù che resta senza macchia anche nelle circostanze e ristrettezze più drammatiche, senza mai perdere quella empatia che, in condizioni reali, non potrebbe che sfociare e manifestarsi tramite reazioni animalesche, violente ed istintive, in tal caso completamente rifuggite e sostituite da carinerie e moine fuori luogo.
In questo film infatti ci vengono presentati due bimbi raccontati con un piglio contemporaneo e moderno, che affrontano le asperità della vita con una grazia innata, uno spirito indomito che non pare umano, una rilassatezza che non sembra giustificata dalle tragiche circostanze.
E con una loquacità, una scaltrezza innata che poco si adatta alle caratteristiche di due bimbi sradicati dal proprio contesto sociale già degradato e povero, ma piuttosto pare descrivere la malizia di una tipica infanzia odierna di questo mondo digitale e veloce.
Purtroppo, spiace davvero constatare tutto ciò dinanzi ad un progetto che sarebbe stato bello ci avesse potuto restituire qualcosa di plausibile al pensiero dei due autori originali (Fellini e Pinelli ovviamente), purtroppo da troppo tempo scomparsi, ma non per questo dimenticati ognuno nella meraviglia della propria geniale arte, forte di un indelebile e per questo non replicabile segno distintivo che del resto non traspare mai dentro questo film.
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