Regia di John Irvin vedi scheda film
Nell’ambiente della malavita londinese e nel giro degli incontri clandestini di boxe lo chiamano Diamante. Ma Billy Simpson (un Michael Caine che cesella tutte le sfumature del fallimento rabbioso) ha il problema di essere rimasto un diamante grezzo. Non tagliato da mani esperte. Rozzo e brutale, ingenuo e spietato. Reumatico. Un fascio di reazioni e di comportamenti mediocri. Non è mai riuscito a diventare un impresario rispettato e stimato, non è mai riuscito a essere un gangster di primo piano e il suo autoritarismo non ha presa su una famiglia in cui due figlie, una bionda e una mora, sono nemiche acerrime e arrivano a picchiarsi e a insultarsi. Quelle ultime ventiquattro ore di Billy raccontate da John Irvin (“Hamburger Hill-Collina 937”) sono le ore che feriscono e uccidono intorno al ring del match che vale una vita. Il figlio di Billy , Eddie “the golden boy” si batte per il titolo mondiale contro un pugile che ha come manager Martin Landau, il rivale, l’alter ego, il modesto e irraggiungibile modello di Billy. Bastano due round per mettere in moto la tragedia e la cieca violenza. “Shiner” è un film discontinuo e singolare. Non sviluppa né enuclea appieno le potenzialità suggerite ed evidenziate. Si divincola da certi schemi, ma non riesce ad affrancarsene. Pregevole la sorda disperazione dei personaggi.
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