Regia di Pascal Plante vedi scheda film
Un processo contro un uomo accusato di crimini atroci perpetrati ai danni di tre ragazze adolescenti, uccise davanti ad un video che ne mostra lo strazio, poi diffuso clandestinamente tramite un canale snuff a beneficio di malati mentali dipendenti da queste mostruosità e perversioni, genera sconcerto tra l'opinione pubblica.
Diviso tra colpevolisti convinti ed innocentisti non meno sicuri ed ostinati che gridano al complotto contro un mite uomo inerme e taciturno, il popolo segue la macabra ed atroce vicenda con passione e il nome di Ludovic Chevalier, uomo in apparenza mansueto e visivamente più vittima che carnefice, ma di fatto considerato colpevole anche a seguito del ritrovamento di resti umani nel suo giardino, diventa quello più pronunciato e sulla bocca di chiunque.
Organi dissotterrati dalla polizia, che probabilmente appartengono ad almeno due delle vittime del mostro.
In aula l'attenzione della macchina da presa si concentra sul bel volto di una ragazza, Kelly-Anne che frequenta assiduamente le udienze, come rapita da quella vicenda legale ed umana che sta sconcertando l'opinione pubblica. Tra la modella e l'imputato si crea una sorta di ossessione mono-direzionale, che induce la donna a utilizzare tutte le proprie risorse economiche, guadagnate, più che grazie alle passerelle, soprattutto in rete con il gioco d'azzardo, per infiltrarsi tra i segreti che ancora esistono nella sparizione dell'unica giovane vittima i cui poveri resti non sono ancora stati trovati.
Per questo Kelly-Anne, esperta utilizzatrice della rete, riesce ad infiltrarsi nell'intimità della casa della scomparsa, tormentando la madre di costei, arrivando persino a travestirsi come la vittima pur di riuscire a d'estate da quel mutismo assorto il misterioso imputato.
Ex nuotatore professionista, oltre che regista, il canadese Pascal Plante è giunto al suo quarto lungometraggio dopo il precedente Nadia, Butterfly, ambientato proprio nel mondo agonistico delle nuotatrici e passato ad Alice nella Città della Festa Romana 2020.
Red Rooms sonda la fascinazione malata che talvolta rende attraenti personaggi che, al contrario, riservano alla massa sentimenti di disgusto e magari li trasformano in colpevoli ancora prima di una sentenza ufficiale.
Il film di Plante si fionda a seguire le ossessioni della sua inquietante protagonista (bella ma dannata per questa sua irresistibile attrazione per gli atroci delitti di cui è accusato l'incriminato) e cattura lo spettatore introducendolo in un mondo di violenza e perversione senza più limite che diventa una macabra quanto perversa occupazione mentale non più sopprimibile.
Nel ruolo di Kelly-Anne, la bellissima Juliette Gariépy si rivela una scelta pertinente ed azzeccata per un ruolo tutto enigmi e complessità, non certo alla portata di tutti.
Red Rooms riesce ad inquietare limitandosi ad accennare, più che ad esplicitare, ad orrori perpetrati e solo raccontati, e l'abilità di Plante è anche quella di saper da una parte trovare i volti giusti per riuscire a rendere ossessiva la ricerca di una verità sconcertante.
Ma il film riesce anche molto bene a rendere asettico ed inquietante il dolore di chi è sopravvissuto, e la ossessione di chi non può liberarsi da pensieri che insistono sulle particolari violenze perpetrate alle vittime e rese pubbliche tramite i video terrificanti che pure per la protagonista diventano ossessioni irrinunciabili.
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