Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
"Pretenzioso" è un aggettivo che si presta bene a descrivere quest'ultima fatica di Sorrentino. Il regista napoletano torna in territori a lui familiari, rinunciando stavolta all'autobiografia, ma proponendoci un itinerario onirico/surreale di una donna di bellezza straripante chiamata ad essere il simbolo di una Napoli dal cuore grande ma dalla decadenza atavica, che attira gli uomini senza sforzo, ma poi sembrerebbe bloccata dalla paura di un rapporto più profondo.
La narrazione stavolta risulta davvero ondivaga, evanescente, senza una trama definita, ma con una successione di quadri staccati dove incombe, ancora più evidente del solito, l'ombra del maestro Federico Fellini. Tuttavia, Parthenope resta un mistero per lo spettatore che non ne comprende appieno le motivazioni, che resta un po' perplesso di fronte all'eccesso di caricatura e di stramberie senza capo né coda del copione, nonché di fronte ad alcune provocazioni abbastanza forti ma un po' gratuite (soprattutto l'accoppiamento di due fidanzati che devono copulare sotto gli occhi di parenti e amici per dimostrare di essere fertili, o l'accoppiamento col prete nel sottofinale).
Sorrentino conserva inalterato il dono di costruire alcune sequenze dove il dato visivo ha una pregnanza che supera i contenuti, e alcuni momenti sono senz'altro molto belli, ma non si cura di spiegare a sufficienza alcuni snodi non così secondari come il suicidio del fratello, dando l'impressione di un'opera che accenna a fin troppi temi e motivi senza approfondire a dovere. La sovversione delle aspettative dello spettatore secondo una matrice bunueliana funziona in alcuni momenti, in particolare nel subplot universitario, ma nel complesso il film appare purtroppo fra i suoi meno risolti, ed è un peccato. Se le provocazioni del sesso spettacolo e del prete puttaniere cadono un po' nel vuoto, meglio probabilmente funziona quella dell'invettiva contro Napoli e i napoletani urlata da Greta Cool (Luisa Ranieri), che innesca uno dei momenti più originali del film, pieno di una rabbia autentica.
Il regista sceglie la bellissima Celeste Dalla Porta come Parthenope ma le affida un compito probabilmente troppo impegnativo per un'attrice esordiente, quello di reggere quasi tutto il film sulle proprie spalle: la Della Porta è volenterosa, certamente affascinante e restituisce un personaggio cangiante che però, forse non per colpa sua, convince solo in parte. I numerosi caratteristi sono ridotti troppo spesso a figurine sbrigative, tanto che risulta anche difficile giudicare le performances dei rispettivi interpreti: il migliore è forse Silvio Orlando che interpreta un professore universitario che sembra uscito da un film di Nanni Moretti, strappa qualche risata, ma con gag dal fiato corto; azzeccato il contributo della citata Ranieri, passabile Isabella Ferrari, sprecata Stefania Sandrelli. Nel complesso si consiglierebbe a Sorrentino di tornare alla sincerità di "È stata la mano di Dio" e di frenare un po' barocchismi e provocazioni che, a quanto pare, gli stanno mettendo contro pure il pubblico cattolico, in ogni caso di fare film più focalizzati e genuini. Voto 6/10
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