Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Sorrentino rifà (per l’ennesima volta) Sorrentino - e gli riesce pure maluccio.
Diceva Ingmar Bergman che Fellini era grande finché non ha cominciato a rifare Fellini (e pregava di metterlo in guardia, qualora si fosse messo, a sua volta, a rifare Bergman). Qualcuno dovrebbe dire a Sorrentino che la smetta di rifare Sorrentino, perché non giova nè a lui nè al pubblico nè tantomeno al cinema italiano. Partenope è un film su Napoli, come E' stata la mano di Dio, ambientato per larga misura nell'alta borghesia, come La grande bellezza, con inserti barocco-blasfemo-religiosi, come The Young Pope, con personaggi grotteschi o mascherati (imparruccati, con il volto coperto ...) che sembrano uscire da "Loro", con Stefano Sandrelli che trascina un trolley a due ruote come Sean Penn in "This Must Be The Place" e una giovane donna bellissima che esce dall'acqua e incanta i vecchioni di turno, come in "Youth". Dovrebbe essere la costruzione del mito di Napoli, ma la mitografia sorrentiniana inciampa in barocchismi inutili, battute aforistiche in eccesso, simulazioni di incesto, tragedie che non commuovono ed episodi tra loro slegati che coprono i primi trent'anni, più o meno, della vita della protagonista, lasciandoci all'oscuro sui successivi quaranta, per ritrovarla, settantenne, a un triste rinfreschino accademico di pensionamento, mentre fuori si festeggia lo scudetto del Napoli. Perché la giovane bellissima si sia incaponita a voler tentare la carriera accademica non è dato sapere; ancor meno è chiaro perché l'inflessibile professore Silvio Orlando abbia tanta stima e tanta fiducia in lei, fin dal primo esame, in cui recita a memoria, senza un briciolo di critica personale, una risposta preconfezionata. Attratta dagli esseri più laidi e attempati, Pathenope sdegna un giovane da sempre innamorato di lei per farsela, tra gli altri, con un losco camorrista e un orrido porporato (e vorrebbe anche sedurre lo scrittore alcolizzato John Cheevers che, però, preferisce soprassedere). Cocciante canta "Era già tutto previsto" e mai colonna sonora fu più azzeccata: tutto, in questo film, era prevedibile, dalle smorfiette della protagonista giovane all'invecchiamento eccessivo finale della Sandrelli (che bisogno c'era di quel trucco? Sandrelli era già perfetta, come settantenne, al naturale, non occorreva imbruttirla). Che cosa si salva? Davvero poco: l'ottima performance di Gary Oldman (che però non appare sullo schermo che per una decina di minuti), la recitazione sempre misurata (anche nell'eccesso sorrentiniano) di Silvio Orlando, l'unico che non cerchi di portarsi a letto Parthenope. Per il resto, 132 minuti di un niente ben confezionato (ma pur sempre noioso).
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