Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
AL CINEMA / FESTIVAL DI CANNES 77: CONCORSO
"Alla fine della vita, resterà solo l'ironia" Figlia di una famiglia benestante grazie si rapporti intimi che il capofamiglia ha saputo coltivare con un anziano e potente armatore, la splendida Parthenope nasce in acqua tra le placide baie del golfo napoletano e il suo padrino armatore le sceglie il nome guardandosi attorno, nello spettacolare paesaggio che accosta il Vesuvio alle sponde della baia "partenope". Consapevole della propria avvenenza, intelligente e colta, la ragazza vive spensierata sapendo tuttavia sempre cosa fare, chi frequentare, come appoggiare le insicurezze di un fratello maggiore altrettanto avvenente, ma debole di carattere e insicuro. Parthenope si giostra perfettamente tra scrittori inglesi, professori eruditi ed arguti che nascondono incredibili segreti personali, imprenditori di alto rango, attrici di rango, persino il diabolico vescovo custode delle reliquie miracolose di San Gennaro, oltre che del suo tesoro.
"Cosa ti piace di una donna?
La schiena...il resto è pornografia."
Una donna sagace, che sa gestirsi ed ama dominare, sapendo sempre pronunciare l'ultima frase.
Circostanza che, tuttavia, nonostante il successo e l'ammirazione in società, non le consente di accasarsi ma le fornisce l'occasione di arrivare ai giorni nostri come una donna libera, indipendente, e soprattutto serena e soddisfatta di sé. Solo un gran talento registico come Paolo Sorrentino poteva rendere ammirevole un film incentrato su una ragazza che, per quanto esteticamente bellissima come una nuova Venere, comunica col mondo solo tramite frasi fatte sfoderando una sicurezza disarmante che la rende simile ad una sorta di androide costruito per rendere alla perfezione.
Ma più che Parthenope, è sensazionale il contorno di anime che la circonda, quello sì, decisamente umano nella fragilità che si delinea man mano che il personaggio viene allo scoperto.
E dopo una prima mezz'ora abbondante di divagazioni tra l'esilarante e l'esaltato, il cuore della Napoli vera e che illumina la follia contagiosa dei personaggi che la attraversano si rivela l'elemento chiave per la sostanziale riuscita del film che migliora più ci si addentra nella storia della donna e musa incantatrice, che Sorrentino costruisce sul volto solare e piacevole e sul fisico sinuoso ed aggraziato della bellissima attrice esordiente Celeste Dalla Porta.
Ma sono gli altri personaggi che la circondano la vera forza del film.
Anche quando occupano lo.spazio di poche inquadrature, come succede alla straordinaria Isabella Ferrari, celata in volto nei panni dell'eccentrica insegnante di recitazione sfigurata Flora Malva.
E che dire della diva simil-Loren Greta Cool resa con appassionata vitalità da Luisa Ranieri.
Per non parlare dei due più straordinari interpreti maschili (ancor più dell'illustre Gary Oldman-scrittore inglese omosessuale John Cheever, costretto in un ruolo più decorativo che sostanziale), che trovano in Silvio Orlando (l'arguto ma anche tenuto professore universitario Devoto Marotta) e nel mefistofelico Peppe Lanzetta (il cardinale Tesorone, custode dei segreti del celebre santo patrono), i cardini portanti di tutta l'opera, uniti alla regia di polso dell'autore.
Peppe Lanzetta addirittura parrebbe autocitarsi (e di conseguenza Sorrentino omaggiare Mario Martone nello splendido L'amore molesto, tratto dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante) nel rappresentare il suo eccentrico personaggio con un costume adamitico rosso, similare alla situazione che vede coinvolto il personaggio di Lanzetta in sauna mentre amoreggia con la protagonista Delia-Anna Bonaiuto.
Paolo Sorrentino tratteggia i lineamenti calcati e sin caricaturali di un paradiso mediterraneo che ostenta il suo serafico disincanto riuscendo a celare il dramma che affligge ed affossa la sua spavalda eroina e non meno i pittoreschi personaggi di cui di circonda, entro un capoluogo partenope che, non molto diversamente dalle sue anime, si rifugia nella bellezza paradisiaca degli scorci della sua baia, per celare i dolori, le iniquità e le tragedie che lo attraversano.
Poi certo, il Sorrentino stilisticamente impeccabile e gran maestro di direzione, non si trattiene quando oltre ai vezzi estetici, ridondanti certo, ma comunque così ben diretti e sostenuti che risulta impossibile non lasciarsi ammaliare in qualità di spettatore irretito, ha l'ardire di aggiungervi, ben più forzatamente, anche le ossessioni sportive che da sempre animano l'autore medesimo, con particolare riferimento a quelle calcistiche.
Ossessioni che dirottano in particolare il film verso un poco congruo finale celebrativo della squadra partenope in quanto campione d'Italia, rendendo il film schiavo di un ricatto più ridondante e piuttosto fuori luogo o fuorviante che essenziale e congruo al contesto fino a quel momento trattato.
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