Regia di Gary Fleder vedi scheda film
Con William Shakespeare, il geniale Philip K. Dick è il miglior soggettista e sceneggiatore in circolazione. Come per il bardo, le straordinarie storie dickiane che descrivono i tormenti filosofici, psicanalitici, futuribili e lo spaesamento alienato di un’umanità lacerata tra organico e meccanico, tra replicanti con memorie ed emozioni “vere” e persone con memorie ed emozioni ormai di elettrosintesi, non sempre incontrano registi all’altezza della complessità, delle suggestioni, della forza totale, della lama di rasoio, con le quali si concretizza un cinema non ovvio, deprimente o balbettante. Gary Fedler è un dignitoso cineasta e riesce a delineare un reticolo visivo abbastanza convincente. Invece, la sua messa in scena di questo racconto, scritto nel 1952, è molto indecisa, deficitaria, confusa. Non scova, per tutto il film, un punto di vista (giusto o sbagliato che sia, ma chiaro). Nel 2079, la Terra è in guerra con gli alieni di Alpha Centauri. Lo scienziato militare Spence (Sinise) è un bersaglio delle forze nemiche che vorrebbero ucciderlo e sostituirlo con un clone. Secondo gli addetti alla sicurezza lo “scambio” è già avvenuto e il replicante va neutralizzato. Storia bellissima sull’essere o non essere (una copia) e sulla coscienza e sulla conoscenza oltre i bastioni delle più remote costellazioni.
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