Regia di James Watkins vedi scheda film
Ben (Scot MacNairy)) e Louise (Mackenzie Davis), insieme alla loro bambina Agnes, trascorrono qualche giorno di vacanza in Toscana, in un agriturismo immerso tra le colline, per lo più frequentato da stranieri. Dopo qualche giorno fanno la conoscenza di una coppia inglese (Paddy -James MacAvoj- e Ciara) che hanno un bambino (Ant) più o meno della stessa età di Agnes, ma con gravi problemi logopedici, visto che è praticamente privo della lingua e quindi non riesce a parlare. Ben e Louise entrano subito in sintonia con i nuovi conoscenti, tanto che una volta terminata la vacanza, al rientro nella loro casa londinese, ricevono un invito a passare un fine settimana a casa loro, per poter consolidare il bel rapporto creato in ferie.
Dopo qualche momento di incertezza nell’accettare o meno l’invito, la famigliola parte in macchina per andare a trovare i nuovi amici.
In effetti Ben e Louise accettano l’invito, più per staccarsi da una quotidianità che sta iniziando a diventare troppo stressante, soprattutto per Ben, che è da poco rimasto senza lavoro e sta cercando di trovarne un altro dello stesso livello di quello perso. Louise, d’altro canto, si vuol far perdonare dal marito il fatto di averle scoperto nel cellulare alcune foto compromettenti da parte di un uomo. In tutto questo, anche la bambina, la dodicenne Agnes, ha dei seri problemi legati all’ansia e all’insicurezza, disturbi dovuti all’età sicuramente, ma che alimentano il cattivo rapporto che c’è tra i genitori, e la pessima atmosfera casalinga, che nemmeno la vacanza italiana ha contribuito a migliorare.
Quando la famiglia raggiunge in piena campagna inglese, l’isolata fattoria dei loro amici, Ben ne rimane affascinato ed entusiasta, mentre Louise non si trova affatto a proprio agio con persone che conosce da poco, e che le appaiono troppo sui generis.
Inizia il week end di profondo disagio.
Paddy e Ciara sono una coppia che nasconde qualcosa dietro l’apparente cordialità. Il bambino è evidentemente infelice e cerca di comunicare all’ amichetta Agnes i suoi problemi, non riuscendoci per ovvi motivi.
Il fine settimana si rivelerà ben presto un vero incubo.
Non dico altro sulla sinossi, primo: perché questo è un remake di un film di un paio di anni fa, danese, regia di Christian Tafdrup, che ha avuto un buon successo di pubblico e che ha già avuto diversi passaggi su piattaforme televisive; secondo: perché il bello di questo film (per chi non ha visto l’originale) è scoprire il disagio che viene a crearsi man mano che le 2 coppie si conoscono, o meglio si scoprono, a vicenda.
La formula narrativa è quella del racconto alla “Funny Games” di Michael Haneke, ovvero quando le certezze del proprio nucleo familiare vengono stravolte da estranei. In questo caso Paddy e Ciara non entrano in casa delle loro vittime, ma le catturano facendole entrare nella propria tana, utilizzando la trappola della fiducia. Le buone maniere, le apparenze, sono le “lenze” che i 2 truffatori utilizzano per attirare la coppia che intendono derubare. Buone maniere e apparenze che diventano vere e proprie trappole, che offuscano la lucidità delle vittime anche quando hanno la possibilità di scappare.
“Perché lo fate?”, chiede Louise ad un certo punto
“Perché ce lo permettete!”, risponde Paddy.
Queste sono le battute chiave anche nel film originale, e forse citano un dialogo del film "Funny Game”, e in effetti il sunto sta proprio in questa domanda e nella sua risposta. Perché si è vittima delle apparenze, delle etichette, delle finte cortesie? Perché così ci è stato insegnato, perché si è succubi di una educazione omologata in modo da essere accettati da un certo ambiente perbenista e qualunquista.
Paddy, durante i primi incontri in vacanza, si spaccia per un medico di Medici senza frontiere, racconta ai nuovi amici particolari della propria vita intima, instaura con Ben da subito un rapporto di fiducia ed intesa, facendogli intendere che lui lo comprende nel profondo. Ben si fida immediatamente, perché si vuole fidare, senza accertarsi della veridicità di quello che gli viene raccontato. Ha necessità di trovare un’ancòra di salvezza, qualcuno che gli dia le risposte che cerca.
Paddy è un imbroglione, come ce ne sono tanti, che sanno sfruttare i momenti di debolezza e di forte disagio del prossimo, per trarne un profitto personale.
Inutile dire che il film originale, quello danese, è nettamente migliore.
Più efficace nel messaggio politico e sociale, più crudele nella narrazione, più disturbante nel finale.
Questo è un remake coraggioso. Vuoi perché fatto a soli 2 anni dal primo film, vuoi perché cerca una sua identità nella seconda parte, dopo che nella prima era stato fedele al racconto originale. In effetti avevo timore che non riuscisse a raggiungere la piena sufficienza, proprio perché il modello da cui prendeva spunto è veramente ottimo, invece mi sono dovuta ricredere. Il remake di James Watkins riesce a mantenere la rotta, anche se sul finale si dilunga troppo e diventa banale, tradendo quello che è il punto di forza del primo film.
D’altronde la filmografia del regista britannico non brilla per innovazione od originalità, il suo è uno stile molto televisivo, che cerca il colpo di scena di effetto come soluzione finale, piuttosto che l’introspezione e la ricerca di un linguaggio personale. Anche con questo suo ultimo lavoro perciò, di cui è anche sceneggiatore oltre che regista, porta a casa la sufficienza piena, ma senza troppi entusiasmi.
Consiglio naturalmente, per chi non l'avesse ancora visto, di recuperare il film danese, e magari anche “Funny Game” di Haneke (che fa sempre molto effetto, e che ancora oggi faccio fatica a vedere fino in fondo), per riflettere su quanta importanza diamo alle maniere e alle apparenze superficiali, senza pensare che a volte ci mettiamo a nudo davanti a perfetti sconosciuti che possono fare di noi, in questo modo, quello che vogliono.
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