Regia di André Téchiné vedi scheda film
Serge È un camionista che fa la spola tra Tangeri e la Francia; trasporta vestiti e talvolta qualcos’altro.
A Tangeri incontra l’amante Sarah, che potrebbe lasciare il Marocco per sempre, e l’amico Said che vorrebbe fuggire aiutato da Serge. A queste vicende si intrecciano quelle della datrice di lavoro di Serge, e del suo entourage di borghesi cosmopoliti che guardano la città da lontano. Téchiné vuole narrare tempi migranti e globalizzati con uno sguardo disponibile, uno stile a ridosso degli eventi e della loro casualità (straordinario l’uso del digitale). Concentra la vicenda in tre giorni, schiacciando i suoi personaggi su un’urgenza di fuga, di transito, lontano non si sa da dove (come, per via di mare, ha narrato il nostro Marra in “Tornando a casa”). Dà l’impressione della presa diretta, ma più ancora della simultaneità: non conta la storia ma le geografie, geografie per giunta in cui orientarsi senza bussole o mappe. Tangeri e la Francia sono solo luoghi da attraversare, il paesaggio è fatto di posteggi, strade, dogane, stazioni di servizio. Il progetto è coraggioso, la consapevolezza stilistica assoluta, l’amore per i personaggi sincero, i modelli altissimi (“Il fiume” di Renoir, citato esplicitamente). Ma se Renoir rischiava consapevole la deriva lasciandosi davvero pervadere dal mondo, Téchiné non rinuncia mai a un certo intellettualismo e paradossalmente, mentre cerca l’opera aperta, rischia il teorema. Non tutti gli elementi dell’affresco sono ugualmente a fuoco: ad esempio, la parentesi con gli intellettuali in turismo permanente risulta alla fine dispersiva. La strada però era giusta; Téchiné giunto alla piena maturità ha alzato il tiro, si è messo in gioco e ci ha offerto un lavoro importante, arrivando a un passo dal fare un grande film, su un Mediterraneo che è snodo storico e geografico, ma anche metafora comprensiva del nostro presente.
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