Regia di Barry Levinson vedi scheda film
L’abito non fa il monaco, soprattutto quando accusa il peso degli anni, essendo stato utilizzato in svariate occasioni di gala, in tanti casi ottenendo esiti di ineffabile/imprescindibile valore, in poche parole ascrivibili nell’albo d’oro che comprende solo ciò che non verrà mai dimenticato. In buona sostanza, per quanto non ci faccia piacere ammetterlo, i tempi d’oro non torneranno più in auge, almeno non perseguendo quelle forme che avevamo imparato a conoscere e apprezzare.
Ebbene, The Alto Knights è purtroppo la perfetta sintesi di questo malinconico pensiero. Un progetto covato da molti anni (si cominciò a parlarne addirittura negli anni settanta), tanti artisti coinvolti che in altre epoche avrebbero rappresentato una garanzia di successo pressoché assoluta e un arco narrativo sulla carta ampio (qui strangolato da scelte a dir poco discutibili/castranti), si traducono in un’esposizione dai riflessi perennemente appannati che, pur disponendo di alcune innegabili – ma anche tutt’altro che salienti - qualità, finisce per rivelarsi una specie di disastro ferroviario, con poche attenuanti da far valere.
New York, 1957. Mentre si appresta a rincasare, Frank Costello (Robert De Niro – Taxi driver, Toro scatenato) subisce un attentato ad opera di Vincent Gigante (Cosmo Jarvis – Shogun, L’ombra della violenza), dal quale scampa per puro miracolo.
Comincia così un lungo scontro tra Frank e Vito Genovese (ancora Robert De Niro), tra due modi diversi di vivere e affrontare gli affari malavitosi, con due amici di lungo corso che, a un certo punto, non hanno avuto più nulla da spartire.
Per entrambi, i titoli di coda delle rispettive carriere sono ormai dietro l’angolo.
The Alto Knights - I due volti del crimine (2025): Robert De Niro, Debra Messing
Partiamo dalle altisonanti credenziali. The Alto knights è scritto dal celebrato Nicholas Pileggi (Quei bravi ragazzi, Casinò), diretto dal navigato Barry Levinson (Rain man, Sleepers), fotografato dal talentuoso Dante Spinotti (L’ultimo dei Mohicani, Heat – La sfida), prodotto da Irwin Winkler (Rocky, The Wolf of Wall Street), uno che spesso ci ha visto lungo, e conta sulla presenza - elevata al quadrato - di Robert De Niro. Una distinta che fa automaticamente venire la pelle d’oca, ma anche contrassegnata da un’età media da casa di riposo che, alla resa dei conti, ha ampiamente il sopravvento su qualsiasi altra considerazione.
The Alto Knights è un gangster movie riepilogativo e macchinoso, con un dispositivo affaticato/sfilacciato e fuori tempo massimo (The Irishman aveva sancito la chiusura dei giochi, con tanto di pietra tombale), che vede la trasformazione di una solida amicizia in irreversibile rivalità, ragionando così sugli effetti del tempo sui rapporti interpersonali, con un viaggio che si apre e si chiude con due segmenti di buona caratura ma che, nel mezzo, smarrisce la retta/consigliabile via con imprevedibile/estrema facilità.
Tra troppe parole (con tante spiegazioni che prendono il posto delle azioni), che generano sintesi localizzate e private di un adeguato respiro, e poca polvere da sparo, con una collezione di occasioni clamorosamente mancate (processi che si esauriscono in un paio di minuti, rese dei conti assortite maldestramente e personaggi che finiscono rapidamente fuori dai radar) e andando avanti a testa bassa, anche quando il singolo frangente avrebbe avuto le caratteristiche per ergersi a protagonista, al netto di alcune cadute di tono che lasciano sgomenti, manca quasi sempre quel minimo di continuità che è obbligatorio infilare per catturare l’attenzione.
Un cinema ormai estinto, con una lista di deficit che si allarga a dismisura andando a coprire praticamente tutta la linea a disposizione (si salvano solo quei tanti volti secondari che sono perfetti per la contingenza), tra una grafia dannatamente forzata e una progressione frammentaria e logorroica, per un’anatomia trasfigurata e plastificata, nonché scarsamente efficace.
In tal senso, lo stesso Robert De Niro è sottoposto a una duplice ed evitabile pressione. Se i panni di Frank Costello gli calzano a pennello, quelli più irruenti e impulsivi di Vito Genovese non gli risultano altrettanto congeniali (il personaggio sarebbe stato perfetto per Joe Pesci), in pratica questa scelta, che a monte appariva allettante/distintiva, si rivela essere più vistosa che remunerativa.
The Alto Knights - I due volti del crimine (2025): Robert De Niro
Anche volendo chiudere un occhio, una presa di posizione assolutamente ammissibile, The Alto knights rimane un film invasivo e contratto, che fa storcere il naso, un cinema già morto e sepolto che non meritava di essere riesumato in questo modo. Pensato e sviluppato senza tenere conto dei tempi correnti e ancora meno in grado di confrontarsi con la cassa di risonanza rappresentata dai suoi illustri predecessori, vanta un raccolto striminzito e si tira la zappa sui piedi, mostrando uno storytelling dallo scarso senso pratico, che emerge esclusivamente in corrispondenza dell’ultimo tratto/strappo, quando finalmente – per quanto sia ormai tardi – mette da parte le tante interruzioni che lo hanno costretto a ristagnare e individua un valido allungo.
Posticcio e lezioso, involuto e attempato.
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