Regia di Mike Mitchell vedi scheda film
A otto anni dall’ultima avventura, e dal 21 marzo nei cinema italiani, ritorna il plantigrado guerriero della Dreamworks con Kung Fu Panda numero 4, nuova (!?) corsa dell’usato sicuro di casa Spielberg per unl rilancio “conservativo” dell’animazione per tutta la famiglia, questa volta diretto da Mike Mitchell & Stephanie Stine mentre alla sceneggiatura ritroviamo i soliti Jonathan Aibel & Glenn Berger, già co-autori dei precedenti tre capitoli, in concerto con Darren Lemke mentre la colonna sonora è firmata, come per la prima avventura, da Hans Zimmer in coppia con Steve Mazzaro.
Animazione antropomorfa al solito vivace (ma non troppo caustica), coloratissima e fracassona (ma non troppo confusionaria), inclusiva (ma senza esserne esageratamente ossessionati), forse ormai fin troppo meccanico (e con trovate, anche divertenti, che non centrano sempre il bersaglio), non più un’avventura sostanzialmente leggera in quanto la morale, alla fine, diventa comunque la cosa (molto) più importante.
Praticamente la vittoria del politicamente corretto e la mediocrità (nel senso di non disturbare/infastidire niente e nessuno) eretta a Sistema.
La premessa iniziale del film, tra l’altro, è piuttosto promettente, restando in linea con le tematiche dei precedenti capitoli e parlando di insicurezze, fragilità o della paura del cambiamento rivolgendosi soprattutto a chi si sente inadeguato, ponendosi quindi a metà strada tra spettatori più grandi e quelli più piccoli, rappresentati nel film prevalente da gag e da un umorismo squisitamente slapstick, non riuscendo però mai ad arrivare davvero fino in fondo, preferendo concentrarsi piuttosto sull’azione e sul divertimento, e mantenendo quindi il lungometraggio su toni decisamente più semplicistici.
E pur rimanendo piacevole e divertente il film denuncia spesso i limiti di una sceneggiatura fin troppo esile, avvitandosi in una routine che spinge sui dettagli ma che non osa andare davvero oltre.
Ottima, al solito, la messa in scena, la direzione artistica e il character design come anche le splendide animazioni e le coreografie a cui sia aggiunge anche una maggiore varietà di ambienti.
Nonostante tutto, però, questo rimane comunque il capitolo più debole e ripetitivo dei quattro, e una storia ormai che non ha più niente da aggiungere e se la DreamWorks deciderà di procedere ancora con il franchise dovrà forzatamente trovare una qualche soluzione a una stagnazione, soprattutto a livello di sceneggiatura, che rischia di compromettere quanto è stato costruito in questi anni.
VOTO: 5,5
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