Regia di Rin Tarô vedi scheda film
Una revisione stilistica... di un'opera senza tempo
In seguito ai primi successi per i giornali Mainichi Shibun e Ikuei Shuppan, tra il 1948 e il 1951 Osamu Tezuka accresce la propria popolarità nell'ambiente del fumetto giapponese attraverso la realizzazione di un trittico di manga di fantascienza edito in singoli volumi: Lost World - Zenseiki, Metropolis e Next World - Kitaru Beki Sekai. Sfruttando il nuovo metodo di pubblicazione degli akobon, il mangaka decide di strutturare il proprio Metropolis nel 1949, unendo vari elementi narrativi tratti da lavori giovanili incompiuti, come Oyaji no takarajima, e da film live-action sci-fi come Il Raggio Invisibile (1936) di Lambert Hillyer e, ovviamente, Metropolis (1927) di Fritz Lang. Tuttavia, è curioso constatare che Tezuka, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, non solo cita l'opera tedesca soltanto in alcuni dettagli come il titolo del fumetto e il protagonista androide, ma al tempo della stesura del manga non aveva mai visto il film: "Questo essere umano artificiale lo realizzai a immagine del robot femminile di Metropolis, capolavoro del cinema tedesco prebellico. Tuttavia, io non avevo mai visto quel film e non ne conoscevo la trama. Semplicemente, in tempo di guerra, sulla rivista Kinema Junpo, o un'altra del genere, venne pubblicata una foto di scena di questo film, proprio quella in cui nasce la donna robot. Me ne ricordai e presi spunto da lì. Poiché il suono "metoroporisu" mi piaceva molto, usai lo stesso titolo, ma la mia storia non ha molto a che vedere con il film" (Osamu Tezuka).
In effetti, il manga di Tezuka narra una storia completamente diversa da quella espressa nel film di Lang, sebbene permangano in entrambe le opere alcune visioni simili di come l'uomo e il robot, se non cooperanti, siano destinati a distruggersi violentemente. Il fumetto infatti indaga in modo più approfondito il tema del "moderno prometeo" di Mary Shelley, ovvero della creatura artificiale che si ribella al proprio creatore, l'uomo, come l'uomo stesso d'altro canto tenta di sopraffare il proprio di artefice, Dio, nel XIX secolo. Vi è dunque una feroce critica alla società post-industriale, come nel Metropolis del 1927, ma al mangaka, come esplicitato in molte altre sue opere future, più che contestare una nevrosi sociale interessa prendere di mira un determinato schieramento politico: il fascismo. Nel 1949, gli esiti della Seconda guerra mondiale riecheggiano ancora palpabili in Giappone e, durante questi anni post-bellici, Tezuka esprime fermamente tutto il proprio rancore verso ciò che gli ideali nazional-socialisti hanno scatenato nel mondo, un dissenso che il maestro esalterà in modo poeticamente maturo nel suo capolavoro I Tre Adolf (1983) a fine carriera. Nel Metropolis a fumetti, infatti, molti "personaggi tipo" dell'autore vengono creati e inseriti in un loro primo contesto narrativo, ovvero un'ambientazione pre-apocalittica avanzata ma non futuristica o cibernetica, bensì alternativa degli Stati Uniti d'America degli anni '30. "[...] i due personaggi chiamati Duca Red e Notaarin debuttano in quest'opera, e si sarebbero entrambi fatti valere in molti dei miei lavori successivi. Il protagonista Mitchy può diventare sia maschio che femmina, una variazione che in seguito genererà Atom (Astro Boy) e si svilupperà in Zaffiro. È un personaggio che diventerà il prototipo per una categoria di miei eroi ed eroine" (Osamu Tezuka).
Contrariamente al manga di Osamu Tezuka, la riproposizione dell'opera a fumetti prodotta dalla Madhouse Animation dal 1996 al 2001 si rifà in maniera importante alla pellicola di Fritz Lang. Il film d'animazione Metropolis rappresenta una delle opere animate più importanti, audaci e coraggiose della storia del medium, una collaborazione tra i professionisti giapponesi più rinomati nei propri ruoli: Masao Maruyama e Iwao Yamaki alla produzione, Yasuhiro Nakura al character design e alla supervisione delle animazioni, Shuichi Hirata alla direzione artistica, Tsuneo Maeda alla direzione delle componenti in CGI, Katsuhiro Otomo alla sceneggiatura e Shigeyuki "Rintaro" Hayashi alla regia. Il progetto, realizzato da un committèe - istituito dal co-fondatore dello studio Rintaro - tra Madhouse e Tezuka Productions, si presenta come uno dei pochi film d'animazione giapponesi definibili dei veri e propri kolossal a livello di produzione. L'opera, infatti, supera il budget di Akira (1988), fino al 2000 il film d'animazione giapponese più costoso di sempre, e verrà sorpassata solo nel 2004 da Steamboy, lungometraggio diretto sempre da Otomo. È proprio al "genio di Hasama", tra l'altro, che si deve la componente retro-futuristica del film, legata in maniera indissolubile ad alcuni particolari narrativi e scenici del capolavoro del 1927. Innanzitutto, a differenza del manga di Tezuka, Metropolis è divisa in livelli verticali, come nel lungometraggio di Lang; in entrambe le pellicole viene eretta e inaugurata la Nuova Torre di Babele, assente invece nel fumetto; nel film d'animazione e nel classico tedesco vengono inscenate violente ribellioni aizzate da robot e i personaggi "apollinei" delle due opere, Tima in quella di Rintaro e Maria in quella di Lang, fungono per un solo momento da possibili mediatori prima della catastrofe. Nella sceneggiatura di Otomo, che contamina fortemente il film inserendovi gran parte della sua poetica "pro-anarchia robotica" - basti pensare alle esplicite invocazioni rivoluzionarie a favore dei robot-proletari in Robot Carnival (1987), in Interrompete I Lavori! (1987, Manie-Manie: I Segreti del Labirinto), in Roujin-Z (1991) e in Cannon Fodder - Taiho no machi (1995, Memories), convivono in maniera sorprendentemente organica e armonica il racconto del 1925 di Thea Von Arbou, e dunque l'esaltazione del capitalismo e del raggiungimento di uno stadio superiore della società-civiltà umana, e il manga di Tezuka: il discorso sulla paternità e sul possesso della vita. Otomo, inoltre, inquadra perfettamente la critica al pensiero deviato nazional-socialista e nazista del "superuomo" nietzschano, declinato erroneamente come "razza pura" e perciò essere di natura superiore, dominatrice e devastatrice. Il robot protagonista del nuovo Metropolis, chiamato Tima, viene accompagnato da un ampio cast di personaggi del manga che, tuttavia, vengono calati più nei panni del film di Lang che in quelli del fumetto: Tima è la doppia Maria; Red è il magnate e tiranno Fredersen; Rock - personaggio inedito nel manga - è una variazione estremamente cinica e drammatica del figlio Freder; il dottor Laughton, padre-inventore del robot, è lo scienziato Rotwang. Il creatore di Domu - Sogni di Bambini (1980/1983) e di Akira (1982/1990), dunque, diventa di fatto l'autore di Metropolis (2001), in quanto ne delinea i principi e i personaggi, ne tesse la trama e i contesti narrativi, ne inquadra gli argomenti e i messaggi politici di fondo. Shigeyuki "Rintaro" Hayashi, a capo della produzione e regista del film, invece, dirige l'orchestra formata da Otomo seguendone le fondamenta formali e firmando la miglior performance tecnica della propria immensa carriera nel mondo dell'animazione. Rintaro rappresenta, al pari di personalità come Isao Takahata, Hayao Miyazaki, Gisaburo Sugii, Osamu Dezaki e Yoshiyuki Tomino, uno dei migliori e più importanti professionisti apparsi durante la anime golden age e, dalla fine degli anni '50 a oggi, ha lavorato o come animatore, o come regista a serie e a film come Astro Boy (1963), Kimba Il Leone Bianco (1965), Capitan Harlock (1978), Addio Galaxy Express 999: Capolinea Andromeda (1981) e Harmagedon (1983).
Se, come regista, Rintaro non ha mai brillato tecnicamente prima del nuovo Metropolis, si è invece imposto nel medium dell'animazione giapponese, già negli anni '70, come uno dei mestieranti più capaci nel saper curare e coordinare a vari livelli (dallo storyboarding alla produzione esecutiva) il lavoro all'interno di grandi realizzazioni animate, da serie e OAV a lungometraggi d'animazione. Inoltre, insieme al più navigato Eiichi Yamamoto, negli anni '60 aveva dimostrato di essere uno dei migliori giovani collaboratori proprio di Osamu Tezuka alla Mushi Production. L'idea di riportare in auge e sul grande schermo il manga del maestro, infatti, parte proprio da un progetto personale, concepito e sviluppato con il produttore, altro co-fondatore della Madhouse, Masao Maruyama dal 1996 al 2001 attraverso cinque anni di pre-produzione ed esecuzione intensi e artisticamente di pura avanguardia. Rintaro, pur non essendo mai stato un autore in alcun senso, né nella poetica, né nella forma registica (come invece hanno dato prova di essere negli anni altri adattatori di opere altrui come Gisaburo Sugii o Osamu Dezaki), nel Metropolis tracciato da Otomo dirige le migliori sequenze della propria carriera, scene dalla forte carica emotiva e dal magistrale impatto scenografico: il risveglio di Tima, creato con lo stesso primo piano - sugli occhi che si aprono - girato nel 1927 da Fritz Lang; l'inseguimento di Kenichi e Rock nei bassifondi di Metropolis; l'arrivo di Shunsaku Ban e Kenichi nella città; il finale catastrofico dell'opera. Gli ultimi venti minuti del lungometraggio, infatti, rappresentano il magnum opus del regista: un capolavoro di messa in scena che l'animazione giapponese saprà eguagliare nel XXI secolo soltanto in una manciata di film come Millennium Actress (2001), La Città Incantata (2001) e Innocence (2004). La presentazione iniziale della Nuova Torre di Babele, la costruzione scenica diretta da Shuichi Hirata (membro dello staff artistico e background artist in opere come La Tomba delle Lucciole, Ghost In the Shell, Jin-Roh, Innocence e La Ragazza che Saltava nel Tempo) e l'epilogo micidiale del lungometraggio sono ciò che, nel 2001, ha fatto dichiarare a James Cameron la famosa frase "Metropolis è la nuova pietra miliare degli anime", chiaro sintomo che persino Hollywood era rimasta scioccata dall'avanguardia tecnica con cui il film era stato realizzato. Metropolis, infatti, vive sì per la reinterpretazione otomiana del classico di Fritz Lang, tuttavia raggiunge i propri vertici artistici sia nella messa in scena diretta in modo elegante, equilibrato nel ritmo e impressionante nella formazione della tensione da Rintaro, sia nella tecnica di realizzazione di ogni singolo frame animato. Il team di sviluppo, dislocato tra Giappone e Corea del Sud, riesce a fondere le derive espressioniste e futuristiche del capolavoro tedesco con le fascinazioni retrò disegnate da Tezuka, edificando una città sconfinata su tre differenti livelli, ognuno con le proprie caratteristiche estetiche e con una propria atmosfera scenograficamente ben delineata. Il piano terreno risulta barocco e iper-moderno, colorato con sfumature accese e animato con la maggiore profondità di campo che il cinema d'animazione giapponese sia mai riuscito a ricostruire (vedasi i campi lunghi dell'incipit, attraverso i quali si riescono a scorgere dettagli scenici posti a un'altezza - fittizia ovviamente - di centinaia di metri). Nella storia del medium, soltanto Innocence (2004), Paprika (2006), Wall•E (2008) e Up (2009) potranno essere paragonati a Metropolis sotto questo punto di vista. Il secondo e il terzo livello inferiore, rispettivamente la città sotterranea proletaria, patria dei robot lavoratori, e l'enorme discarica della città, risultano invece tinti con toni di colorazione molto più contrastanti, come il rosso e il verde, oppure immersi in un grigio metallico asettico rappresentante dell'estrema monotonia, mortale da un punto di vista simbolico, che caratterizza la base strutturale della Nuova Torre di Babele. In questi livelli anche la prospettiva registica cambia, si rende ferma o terribilmente frenetica, disponendo sempre le inquadrature su direttrici meno distanti, più vicine ai dettagli di scena. Grazie all'estrema cura nell'estetica e alla maniacale e quasi totale perfezione dell'implementazione della CG nelle animazioni tradizionali, particolare che qui supera, per la prima volta, il sistema di rendering che il gruppo Headgear aveva sviluppato per le sequenze di simulazione in Ghost In the Shell (1995), Metropolis viene tuttora celebrato come uno dei film d'animazione più riusciti della storia a livello tecnico. L'ultimo elemento che contraddistingue il capo d'opera di Rintaro è l'originale comparto sonoro del film, una soundtrack di matrice dixieland e rhythm&blues, in parte composta da Toshiyuki Honda, che esalta le atmosfere retro-futuristiche del lungometraggio. La colonna sonora risuona, tra una scena d'azione e una più introspettiva, scat sincopati alla Cab Calloway (uno dei temi principali del film canta infatti St. James Infirmary con una tromba in SiB), quasi a citare quell'animazione anni '30 dei fratelli Fleischer (specialmente di corti magistrali come Minnie the Moocher e Snow-White) grazie alla quale Tezuka aveva potuto creare e migliorare il proprio stile di disegno nella seconda metà degli anni '40. Oltre a questo rimando alle origini stilistiche del maestro, la soundtrack si avvale anche di classici r&b e soul come I Can't Stop Loving You di Ray Charles, brano che accompagna le magnifiche e ipertrofiche sequenze finali dell'opera in un macabro concerto che spezza di netto la carica tragica della messa in scena e del racconto.
Metropolis è un film unico, che riavvolge il tempo e lo plasma in una propria dimensione. Tutto, sia del film di Lang, sia del manga di Tezuka, viene elogiato, scomposto, rispettato e demolito allo stesso modo. Se il messaggio politico di Von Harbou viene sapientemente reinterpretato da Otomo seguendo la concezione post-moderna del robot come più empatico e, dunque, più umano dello stesso essere umano, l'estetica ridona vita alle tavole del mangaka, aggiornandone la componente visionaria (prima quasi assente) e staccando il chara design da quello della cartoon golden age al quale il maestro si rifaceva pedissequamente. L'originalità, invece, di certo non manca all'opera di Shigeyuki "Rintaro" Hayashi, che con questo lungometraggio non dovrà mai più essere definito solo un importantissimo professionista, bensì uno dei migliori tecnici della storia dell'animazione.
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