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Spirit - Cavallo selvaggio

Regia di Kelly Asbury, Lorna Cook vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Spirit - Cavallo selvaggio

di obyone
7 stelle

 

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Spirit - Cavallo selvaggio (2002): scena

 

Nel 1998, il secondo film d'animazione Dreamworks, ovvero "Il principe d'Egitto", ottenne un gran successo di critica e di risultati tanto da spingere lo studio creato da Steven Spielberg ad investire risorse sull'animazione tradizionale. Nel 2000 videro, perciò, la luce "La strada per El Dorado" e "Giuseppe", quest'ultimo distribuito esclusivamente in home video. "La strada per El Dorado" fu un vero fiasco tant'è che il progetto, già avviato, per alcuni sequel, fu presto accantonato per far posto a nuove storie e alle nuove tecnologie digitali che stavano cambiando radicalmente il mondo dell'animazione. Quando nel 2000 uscì nelle sale "Galline in fuga" e nel 2001 fu la volta di "Shrek" lo studio di animazione della Dreamworks aveva accumulato già un lustro di ritardo rispetto a Pixar che a quell'epoca aveva fatto dalla CGI uno strumento di innovazione imprescindibile. "Toy Story" era uscito nel 1995, "A bug's Life" nel 1998, "Toy Story 2" nel 1999, "Monsters & Co." nel 2001. Furono tutti grandi successi di pubblico che lasciavano intravedere, dietro ai numeri, un cambiamento nei gusti del pubblico.

La tendenza fu dimostrata anche da "Galline in fuga" e "Shrek" con i quali Dreamworks riuscì a colmare, almeno in parte, il divario creato dalla concorrente. "Chicken run" quintuplicò il budget al botteghino mentre il secondo incassò quasi mezzo miliardo di dollari worldwide.
Stupisce, perciò, che la casa di Spielberg decidesse di cambiare rotta e tornare all'animazione tradizionale con le successive pellicole, "Spirit - Cavallo selvaggio" (2002) e "Sinbad: - La leggenda dei sette mari" (2003), quand'era evidente che la stessa Walt Disney Animation Studios, nonostante 70 anni di esperienza sul campo, facesse fatica a reggere il confronto con Pixar. I risultati erano stati altalenanti anche nella casa di Topolino. Andò bene con "Il gobbo di Notte Dame" (1996), "Mulan" (1998), Tarzan (1999), così così con "Hercules" (1997), male con i successivi  "Le follie dell'imperatore" (2000), "Atlantis" (2001), "Il pianeta del tesoro" (2002). Walt Disney dovette aspettare il 2009 per ottenere un lusinghiero risultato al botteghino con la "Principessa e il ranocchio", ultimo classico di animazione tradizionale a riscuotere un certo successo prima nel definitivo passaggio all'animazione computerizzata.
In una fase di grandi cambiamenti che fu il decennio 1995/2005 "Spirit - Cavallo selvaggio" rappresentò per Dreamworks Animation una sorta di spartiacque, un esperimento, un'ibridazione tra vecchio e nuovo. Venne utilizzata la CGI per creare i fondali, per il resto venne usata la "matita". Il film non andò benissimo ma neanche così male come accadde a "Sinbad - La leggenda dei sette mari", vero e proprio canto del cigno dell'animazione tradizionale Dreamworks. I segnali del tracollo dell'animazione classica erano stati molteplici e già erano presenti negli incassi di "Spirit" al botteghino.

 

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Spirit - Cavallo selvaggio (2002): scena


Il risultato economico, tuttavia, non deve essere il metro per giudicare, a distanza di anni, il film diretto da Kelly Asbury e Lorna Cook. Se la tecnica ibrida ne faceva un film tradizionale, non certo con lo sguardo rivolto al futuro, la narrazione di "Spirit: Stallion of the Cimarron" risultava originale perché capace di spostare il punto di vista della Storia su un elemento neutro alla Storia stessa. Il punto di vista era quello di un cavallo selvaggio che non apparteneva ad alcuna delle fazioni che stavano lottando per spartirsi le grandi praterie americane. Spirit era il testimone delle frizioni tra pellerossa ed esercito americano nell'epoca della conquista dell'Ovest.

Il mustang veniva catturato, prima dall'esercito e poi da un giovane lakota, Piccolo Fiume, che proprio grazie al cavallo riusciva a fuggire dalla prigionia dei militari. Spirit, che desiderava solo la libertà, era il simbolo del territorio americano intrappolato nella contesa tra gli uomini ma totalmente estraneo alla brama di ricchezza e potere che aveva alimentato lo scontro.
Il film era un'ode alla natura selvaggia ed incontaminata e Spirit ne era il cantore.
Come dicevo in precedenza lo stallone era testimone degli avvenimenti che gettarono le basi della grandezza degli stati americani (la costruzione della ferrovia, la colonizzazione dei territori ad Ovest), e dello sterminio delle popolazioni autoctone di cui bruciavano gli insediamenti per mano dei soldati. Pur dimostrando una maggior empatia per i lakota che venivano rappresentati positivamente nel sorridente ragazzo che cercava, senza successo, di domare Spirit, il film era incentrato sulla rappresentazione di un ambiente naturale indomabile ma fragile, vittima dei suprusi della civiltà bianca.
"Spirit", insomma, era un film ecologista che desiderava promuovere il rispetto della natura e dell'armonia tra gli elementi che la componevano.
Abbracciando il modo di trattare la natura, tipico degli indiani d'America, il racconto scritto da John Fusco, che nelle sue sceneggiature era solito promuovere la causa dei nativi, ambiva a rappresentarne l'armonioso utilizzo delle ricchezze naturali proprio dei lakota. Spirit legato al palo e stretto nella morsa del giogo era il simbolo dello sfruttamento ambientale degli yankee che risultava ben più intensivo e rovinoso di quello dei lakota. Non a caso il mustang veniva tenuto nel recinto del villaggio ma senza sella e altri strumenti di afflizione.

In sintesi "Spirit - cavallo selvaggio" proponeva la sua personale riflessione sul tema della conquista dei territori indiani, dello sfruttamento della natura, dello sradicamento dei nativi, della perdita della libertà dei popoli e degli animali senza, tuttavia, rinunciare allo spettacolo dell'avventura, delle ariose riprese su panorami e cieli mozzafiato. Molto belle erano le musiche (nella versione italiana interpretate da Zucchero), che costituivano, assieme alla voce off del cavallo, lo strumento privilegiato di comunicazione delle emozioni in un film che, a mio avviso, aveva il coraggio di privare gli animali della parola per lasciar parlare i gesti e le immagini poetiche del creato.

Da recuperare assolutamente prima della visione, eventuale, del sequel in uscita "Spirit - il ribelle", tardivo sequel arrivato a 20 anni di distanza dall'originale.

 

DVD - Ed. Dreamworks Animation

 

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Spirit - Cavallo selvaggio (2002): scena

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