Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Una rapinatrice frega i complici e rimane in possesso di un prezioso gioiello rubato durante il festival di Cannes. Assiste al suicidio di una donna, assume la sua identità, sale su un aereo dove si trova seduta accanto a un diplomatico americano che le cambia la vita. Sette anni dopo torna in Francia, ha a che fare con un fotografo spagnolo, ritrova i vecchi complici in cerca di vendetta e fa una brutta fine. Poi tutto ricomincia da capo: questa volta impedisce alla donna di suicidarsi e la storia avrà uno svolgimento diverso, sia pure con gli stessi elementi (il gioiello, ceduto a un camionista, avrà una funzione risolutrice) e gli stessi personaggi (il fotografo c’è ancora, ma solo nell’ultima scena). Raccontato così, il film sembra l’esemplificazione della morale “il delitto non paga”; in realtà De Palma usa la vicenda come un puro pretesto per spingere all’estremo la sua ricerca formale. Il risultato è tecnicamente perfetto e ha un innegabile fascino visivo: piace, ma come possono piacere i giochi d’acqua nella fontana di un parco; a differenza che in Omicidio in diretta (di cui viene invertita l’inquadratura finale, una carrellata all’indietro anziché in avanti), tutto basato sulla manipolazione delle immagini, qui i virtuosismi appaiono un po’ gratuiti. Si ha l’impressione che per il regista si tratti di un punto di non ritorno, ed è lecito chiedersi fino a dove potrà spingersi su questa strada; per ora, non ha più azzeccato un film.
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