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Il gladiatore II

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Il gladiatore II

di Souther78
1 stelle

Incredibile idiozia, falsificazione storica con personaggi ridicoli, iscrizioni in latino alternate ad altre in inglese (!!!), un protagonista anonimo e inguardabile, una trama che scimmiotta, cita, e ripropone pure a tratti l'originale, con l'unica scena in grado di suscitare una reazione emotiva costituita da... una scena (e musica) dal primo.

 

Inverosimile minchiata. Scusate, ho fatto anticipazioni (spoiler, se preferite fingervi dotti ostentando una lingua ignorante). Dopo aver passato in rassegna le critiche altrui, non posso non trasalire: di cosa si può parlare, a proposito di un film storico, che si presenta al pubblico in questo modo? A che serve parlare di recitazione, sceneggiatura, regia o gusti personali, allorchè ci si deve confrontare con scempiaggini quali:

 

1)      Iscrizioni in lingua inglese all’interno di una villa e nel Colosseo. Per di più, rinunciando totalmente perfino alla coerenza interna, alternate a scritte in latino, pure nella stessa inquadratura,

2)      Datazioni completamente inventate: nel film la fine di Geta e quella di Caracalla sono poste a distanza di pochi giorni, mentre nella realtà sono trascorsi 6 anni,

3)      Animali inventati come babbuini giganti feroci (palesemente CGI) e rinoceronti con corni che sembrano ossei (mentre non lo sono), con velocità inaudite, per giungere agli squali nel Colosseo (ma con quale nave avrebbero potuto catturarli e trasportarli vivi, e all’interno di quali vasche, poi, portarli nelle navi prima e per le città poi?),

4)      Macrino, che le cronache romane descrivono come bianco (benchè nato in nord Africa), interpretato da un nero che più nero non si può,

5)      Rappresentazioni ridicole della topografia romana, come se il Colosseo fosse praticamente all’ingresso della città,

6)      Caracalla nomina console una scimmia ed è una specie di ragazzino che si insinua affetto da sifilide (o simili), mentre nella realtà era un condottiero militare assai benvoluto dall’esercito, che si era circondato di una guardia del corpo teutonica e accoglieva i visitatori con un leone addomesticato al suo fianco.

 

Se l’imprecisione storica in un film tutto sommato d’intrattenimento è inevitabile, qui siamo a livelli di ridicolo tali da farci persino interrogare sulle motivazioni: forse che all’alba degli 87 anni, Scott sia un tantinello rincoglionito? Forse che si sia ritenuto importante per rendere il film valido inserire stupidaggini come 3 secondi di finti squali fatti con CGI? Senza contare che, se pure fosse vero che il Colosseo sia mai stato allagato (e le cronache, non si sa quanto attendibili, citano simili ricorrenze soltanto all’inizio della sua storia o addirittura esclusivamente all’inaugurazione), il pavimento era fatto di legno, tanto che varie botole consentivano l’accesso nell’arena tramite montacarichi sotterranei. Il “terreno” quindi non esisteva, ma era semmai sabbia stesa sulle assi di legno: capacità impermeabile? Zero. Che un giorno lì ci fosse la ghiaia e il giorno dopo l’acqua, e poi di nuovo la ghiaia, è semplicemente una presa in giro. Idem dicasi per l’utilizzo di Washington nei panni di Macrino, che già in tanti giustificano a spada tratta basandosi sul fatto storico dell’origine nordafricana del personaggio storico. Ignorano, però, il fatto che le cronache romane lo indicavano di pelle chiara. E anche qui, dunque, viene da chiedersi: perché far leva su una espediente storico, ignorando però la verità per spacciare un falso al pubblico? Non è che poi si scopre che pure il signor Scott sta iscritto in qualche loggia massonica o WEF, eh?

 

Affrontate la totale assurdità storica e la demenza del regista, che non è stato capace nemmeno di rispettare la prima regola d’oro del cinema, cioè la coerenza interna (o scrivi tutto in inglese o tutto in latino!), possiamo occuparci serenamente (si fa per dire!) degli aspetti più squisitamente tecnici dell’opera.

 

Sarebbe difficile iniziare dal peggio, poiché la tenzone è assai animata, e tutte le componenti del film sembrano ambire al titolo di peggiore. Considerata la lunghezza, comunque in buona parte imputabile pure a mastodontici titoli di testa/coda, che superano i 15 minuti, si può affermare che l’unica parte epica dell’opera siano proprio loro! La sceneggiatura è inqualificabile: alterna citazionismo, autoreferenzialismo, plagio, vere e proprie riproposizioni di girato del primo film, a scene ridicole, totalmente inverosimili, a un generale senso di ridondanza, sovrabbondanza, superfluità, mancanza di pathos e colpi di scena talmente insensati da suscitare solo disprezzo, anziché sorpresa.

 

Non mancano scene comico-grottesche, come l’amaro epilogo di uno dei senatori ripescati dal primo episodio: costui non può essere che uno iettatore; infatti, ogni singola volta che ordisce un complotto, i responsabili fanno una brutta fine. Per fortuna in questo caso tocca pure a lui, quindi semmai facessero un Gladiatore 3, almeno ci sarebbe risparmiato il menagramo in tunica bianca. Ma è proprio così, ahinoi: questo gladiatore non decolla mai, a causa di una trama che non ha nessun senso, salvo scimmiottare l’originale per finire sugli stessi binari, ma in modo ancor più inverosimile e totalmente ridicolo.

Accanto alla sceneggiatura, e quasi ex aequo, collocherei la recitazione nel novero delle prime cause di naufragio del carrozzone: il protagonista, a me personalmente del tutto sconosciuto, non ha il minimo spessore recitativo, non ha espressività, non ha carattere, non domina le scene (ma ne è dominato), e non ha neppure il fisico. Se lo rivedessi tra mezz’ora in un altro film non lo riconoscerei nemmeno. Non bastasse l’attore vero e proprio, ad affossargli la parte ci ha messo pure di suo la dannata sceneggiatura, che riesce a renderci (quasi) chiunque più simpatico di lui: sicuramente lo è quell’altro dal nome ridicolo… Acacio. Certo lo è l’Augusta Lucilla. Il ruolo di Caracalla è affibbiato a un altro sconosciuto, che lo enfatizza fino al delirio, non dissimilmente da Geta, che sembra più Joker… ma di sicuro non regge il paragone con Phoenix, che impersonò prima Commodo e poi Joker. Forse che questo attore abbia equivocato l’istruzione del regista, che gli aveva detto di prepararsi studiando l’interpretazione di Joaquin Phoenix, e quello ha pensato al film Joker, anziché al primo Gladiatore? Mah… ai posteri l’ardua sentenza! Sul personaggio di Washington non vale nemmeno la pena di spendere parole, poiché lui è sicuramente fuori parte (e fosse solo per il colore della pelle!), ma non ha comunque nessuna credibilità. Avrebbe dovuto essere un comprimario al pari del mercante di schiavi del primo capitolo, e invece finisce per essere protagonista più del protagonista stesso.

 

Ma, in tutto ciò, neppure le musiche supportano: l’unico tema degno di nota è nel finale… le cui immagini e suoni sono quelli del primo. E questo dice tutto circa lo spessore dell’opera. Il dramma del secondo capitolo è perfettamente sintetizzato dalla necessità di ricorrere agli espedienti dell’originale, e, anzi, alla vera e propria riproposizione di quelle scene, per suscitare un briciolo di partecipazione emotiva.

 

Mai come in questo caso, la valutazione complessiva dell’opera non può identificarsi con la somma dei giudizi delle sue singole componenti: se è vero che tutto è esecrabile, è ancor più vero che è il risultato globale a tradire completamente lo spirito del primo capitolo.

 

Ci siamo immedesimati con Massimo perché era un uomo di valore e potere, ma saggio, generoso, onesto e idealista: queste doti le abbiamo apprese fin dalle primissime scene, e, poi, nel seguito. Lì avevamo un nemico preciso, pure perfettamente delineato nella sua cattiveria e follia. Ciò senza contare che il confronto/scontro era tra due attori, uno dei quali vinse l’Oscar per l’interpretazione, mentre l’altro vi fu candidato, salvo poi aggiudicarselo anni dopo. Ma qui un nemico proprio non esiste: sono tutti confusi… si odiano, si amano, si usano… ma pure la rabbia del protagonista, verso chi si deve indirizzare? Non si sa. E, infatti, costui ce l’ha prima con tutti, poi con nessuno….. poi alla fine l’unico con cui ce l’ha è l’unico con cui non avrebbe dovuto avercela dall’inizio… Ma come si fa a realizzare un film su queste basi? Come si può sperare di suscitare interesse o partecipazione in tal modo?

 

Non c’è epica, non c’è acume intellettuale, non c’è coinvolgimento, non c’è verità storica. Alla fine viene veramente il sospetto che il senso del film sia quello di far scrivere (come sta infatti accadendo) negli odiatissimi canali “social” che i romani non conoscevano il razzismo. Al di là del fatto che i romani non avranno lasciato chissà quali testimonianze di odio razziale, ma non è che uno o due imperatori in 1000 anni, con la pelle non proprio totalmente bianca (o scura), possano essere un argomento a favore di una società che considera tutte le etnie uguali… Affermare che i romani non discriminassero su base etnica (che non vuol dire necessariamente colore della pelle) è una stupidaggine storica: perfino in questa cretinata di film si celebra il senso di autoesaltazione della romanità. Chiunque non fosse cittadino romano era discriminato, e tanto è vero che il famigerato fascio littorio simboleggia la scure, da usare contro gli stranieri, e la frusta, da usare nei confronti dei cittadini. I romani vedevano se stessi come portatori di ordine e civiltà, esattamente come gli americani oggi si vedono esportatori di democrazia (e su origini e fine di entrambe le civiltà possiamo ben vedere la stessa “manina”, nonché gli stessi metodi): giammai un romano si sarebbe sognato di considerarsi pari a un barbaro.

 

Insomma, revisionismo storico a parte, a che cosa serve questo film, se non a turlupinare un pubblico già abbastanza vessato dal cinema contemporaneo, illudendolo di poter rivivere le emozioni di un’opera che avrebbe dovuto restare unica e inimitata?

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