Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Ridley Scott ritorna nell’antica Roma trasfigurata da Hollywood dopo lo straordinario successo de Il Gladiatore con il suo sequel, ancora una volta tra imperatori folli, congiure politiche e gladiatori. E tra scimmie urlatrici, rinoceronti e squali tutti rigorosamente in CGI.
Il nuovo Gladiatore è un giocattolone che risponde a tutto ciò che la natura dell’intrattenimento cinematografico richieda, commercialissimo mischione di ingredienti ormai risaputi che fanno però leva sulle nostre canagliesche nostalgie proustiane.
Diverte e intrattiene, forse, ma non ha una propria anima, volendo a tutti i costi ripercorrere le orme e le gesta del suo illustre predecessore.
In effetti la nuova avventura diretta da Scott deve praticamente tutto (troppo?) all'epopea di Massimo Decimo Meridio, a partire dagli straordinari titoli di testa realizzati dall’artista sanmarinese Gianluigi Toccafondo che riassumono egregiamente l’epopea dell’Ispanico, per un sequel del tutto speculare al suo predecessore.
A tratti, probabilmente, anche troppo.
Nel senso che non solo ne ripete la premessa narrativa ma riprende, quasi specularmente, gli stessi spunti di trama ripercorrendone pedissequamente i passi con una riverenza addirittura maniacale, persino citandone apertamente (spudoratamente?) frasi e aforismi riproponendoli tali e quali un quarto di secolo dopo.
Che poi il rischio che Il Gladiatore 2 fosse soprattutto un'operazione "copia e incolla” era abbastanza prevedibile, avendo l’ardire di ripercorrere il successo clamoroso del suo capostipite.
In questo senso risulta evidente come l’operazione sia praticamente identica a quelle, di grandissimo successo commerciale, di opere come Star Wars – Il risveglio della forza e Top Gun – Maverck, entrambi remake travestiti da sequel di grossi successi del passato.
In pratica il film urla in ogni momento di quanto sia collegato al primo, spiegandone ogni riferimento e dettaglio e fornendo addirittura a due personaggi il compito di contare, letteralmente, gli anni trascorsi dalla morte di Massimo e, quindi, dalla fine del primo capitolo, e riproponendone, addirittura fuori contesto, anche le stesse identiche frasi.
Ed è proprio per questa spasmodica ricerca della coerenza esplicativa con il primo capitolo che l’opera, a volte, si perde.
Nella sua insistenza di riproporre cose che possano richiamare il film precedente in modo da garantirsi, possibilmente, lo stesso successo, replicandone anche le (per Scott immancabili) sviste storiche e altre consuetudini hollywoodiane ormai sempre più stridenti e/o difficili da accettare.
Ma se il primo film mostrava anacronismi storici, questo secondo capitolo ne è una specie di versione ancora più ipertrofica ed estrema, quasi da fumetto, con animali mostruosi e il solito assortimento di cose fuori dalla logica e dal tempo (graffiti sui muri. In inglese)
Ma la mia impressione è che Scott si sia sbizzarrito nel mettere in scene quelle cose che, nel primo capitolo non ha potuto inserire, per mancanza di budget o semplicemente perché la tecnologia degli effetti speciali ancora non lo permetteva.
Il suo utilizzo è quindi massiccio e se da una parte elevano la grandezza di certe scene e il loro livello di spettacolarità dall’altra creano situazioni esasperate o, addirittura, eccessivamente grottesche a cui contribuiscono, in un senso e nell’altro, anche i colori ocra della fotografia di John Mathieson e la colonna sonora di Harry Gregson-Williams.
Anche in questo aspetto il film cerca di seguire le orme del suo predecessore ma l’opera di Gregson-Williams risulta ben più anonima dell’ormai epocale score originale di Hans Zimmer & Lisa Gerrard.
Ma l’attesa per il Gladiatore 2 era anche per il nuovo Russell Crowe e in questo qualcuno potrebbe rimanerci deluso. Paul Mescal (Normal People, Aftersun) potrà pure essere un ottimo attore ma purtroppo non ha né il carisma né la presenza scenica di Crowe ma, soprattutto, neppure il suo personaggio ce l’ha.
Il nuovo gladiatore non ha un codice d’onore o senso dell’etica, non crede nell’idealismo e in una Roma faro di speranza per il mondo così come non crede nella mitologia gladiatoria (o militare). E soltanto pieno di rancore e di odio per Roma che combatte per sopravvivere e/o per vendetta.
È piuttosto Pedro Pascal, ma in un ruolo minore, a incarnare in parte i valori e il carisma marziale di Massimo, seppur in modo molto più disilluso e sofferto.
"Ero schiavo e ora controllo l’Impero. Dove se non a Roma può accadere tutto questo?"
E se Mescal & Pascal (!) danno il loro, onorevole, contributo senza però eccellere troppo è invece Denzel Washington e il suo Macrino a ecclissare il resto del cast con un performance eccellente.
D’altronde il suo personaggio è quello più affascinante e strutturato della pellicola, un ambizioso ex schiavo divenuto impresario di gladiatori che confida nella violenza (e nella manipolazione) come arma da sfruttare per la sua ascesa sociale.
Favorita poi da una corte imperiale di faccendieri apertamente ambigui, effemminati e lascivi e anche talmente stupidi da essere incapaci di adoperarsi per la propria stessa sopravvivenza, e presieduta da una coppia di Imperatori che, a detta dai loro interpreti Joseph Quinn e Fred Hechinger, sembrano Sid Vicious e Johnny Rotten dei Sex Pistols .
Dal primo capitolo tornano invece Connie Nilsen e, in un piccolo cameo, Derek Iacobi mentre completano il cast Peter Mensah, Lior Raz, Tim McInnerny, Matt Lucas e Rory McCann.
Il Gladiatore 2 è un film che non vuole reinventare nulla ma muoversi piuttosto nel solco del predecessore, avendo l’ambizione (?) di essere "soltanto" un film action divertente, molto vecchio stile, ma non recupera mai l’epica del film originale, né ripropone un protagonista altrettanto carismatico, combattuto tra la necessità di ricalcare il precedente e la voglia di raccontare comunque qualcosa di nuovo, insegue le nuove mode (il cinecomic, il bromance, l’anacronismo storico e l’inventiva politica e/o sociale) senza però riuscire mai ad amalgamarle in modo coeso.
Ma soprattutto, dopo Francis Ford Coppola e il suo Megalopolis, Il Gladiatore 2 è anche il secondo film in meno di un mese che sfrutta la decadenza dell’Impero Romano per parlare in realtà del nostro tempo. Con la differenza che, se Coppola alla fine immagina una specie di pace tra le parti in nome di una nuova rinascita Scott preferisce invece radere tutto al suolo per poi ricostruire da zero.
E questa è anche la grande differenza tra il primo Gladiatore e il suo seguito.
Il Gladiatore era un film sugli ideali, sul rispetto e sull’onore che spingono l’uomo a grandi imprese, a cercare di migliorare il mondo.
Ma era l’anno 2000, prima che l’America conoscesse l’11 settembre e iniziasse la guerra al terrorismo.
Ora il nuovo Gladiatore è un film sulla nuova generazione che vuole rimpiazzare quella vecchia e, ormai, corrotta, è un film sulla rabbia e che non crede in niente se non a un passato, pur nelle sue intemperanze, migliore (!) di quello di oggi.
E a cui si aggrappa, nostalgico e speranzoso, senza però portare a niente di veramente nuovo.
Esattamente come il film.
VOTO: 6
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