Regia di Tim Burton vedi scheda film
Decisamente un'operazione commerciale di cui non si sentiva il bisogno, che risente di una scrittura superficiale e troppo densa di personaggi, ma priva di una reale linea narrativa. Contrariamente al capostipite, qui tutto gira attorno a Michael Keaton, che, pur in spolvero, non eguaglia la prestazione degli anni '80.
Beetlejuice è stato un film originale, con una storia avvincente e affascinante, nelle atmosfere e nei dettagli. I protagonisti, due attori di mestiere, accompagnati da comprimari di spicco, con un Michael Keaton in stato di grazia. Nonostante il titolo, lo Spiritello Porcello era la ciliegina sulla torta di un un'opera che avrebbe potuto tranquillamente reggersi sulle proprie gambe, senza di lui. Come spesso accade, il seguito non è minimamente all'altezza dell'originale. Più nello specifico, abbiamo un cast in cui le punte di diamante sono poco più che comparse, la cui presenza nel tessuto narrativo sembra forzata e disarmonica. Monica Bellucci sembra un demonio, ma si risolve in un nonnulla. Wille Dafoe si distingue, ma il suo personaggio non convince affatto, e distoglie l'attenzione da quello che dovrebbe essere il nucleo della narrazione. Proprio la trama sembra il proverbiale tallone d'Achille: troppe storie-nella-storia, che non apportano nulla di significativo. Nel primo episodio c'era un'unità di fondo, che qui è letteralmente esplosa, aggiungendo infinite tracce: abbiamo la protagonista (?), la figlia, la matrigna, Beetlejuice, la moglie, il poliziotto, poi il baby assassino, il marito della protagonista... Francamente troppo per nemmeno 1 h e 45 di visione, con incorporati 5 minuti di musical nei pressi del finale. Nell'aldilà ormai non ci sono regole: si viene e si va a piacere, si entra e si esce come si vuole, si fanno file eterne o nessuna fila, a seconda delle esigenze di copione, e si può pure... ri-morire.
Questo secondo Beetlejuice assomiglia decisamente troppo alla cultura dello smartphone e dei social, che, pure, pare voler stigmatizzare in corner: un susseguirsi di situazioni e scene giustapposte ma non realmente coordinate, per un pubblico con la soglia dell'attenzione sotto le scarpe, e in cerca di risate facili e disgusti perbenisti, con corollario della protagonista che guida la bara elettrica Tesla (a proposito: complimenti alla produzione per il product placement... e chissà quanti esemplari ne hanno dovuti tenere di scorta, per rispettare le esigenze di produzione anzichè passare le giornate ad aspettare le ricariche).
Bravo Michael Keaton, che ancora sa calarsi nel ruolo, anche se la differenza con l'originale c'è (e si vede). Winona Ryder, alias Winona Laura Horowitz, la cleptomane, ha perso da tempo lo smalto degli anni '80, '90 e la sua presenza scenica è quasi imbarazzante, risultando per lo più inespressiva e spaesata. Bravissimo Dafoe, ma purtroppo in un ruolo che più riempitivo di così si muore...
Unica chicca: sul finale, quando la protagonista decide di vivere "sul serio", la vediamo alla guida di un'auto vera d'epoca, anzichè della bara elettrica inquinante Tesla.
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