Regia di Francesca Comencini vedi scheda film
Una visione chiara e concreta dei fatto del G8 a Genova; un ragionamento anche pacato ed emotivamente giusto, cosa che fa ancora di più accapponare la pelle. Il film di Francesca Comencini non specula su un facile senso di rabbia, comune in questi casi, ma fa un’analisi sincera e ragionata non che visionata al microscopio. Un film documento che non si dilunga in inutili e superate diatribe, i fatti rebndono giustizia da sé su quello che è successo, la regista fa una scelta di sintesi davvero eccezionale di immagini, avendo a disposizione un oceano su cui scegliere. Quello che mi colpisce che il documento, ormai datato 2002, non risente in assoluto del passaggio del tempo trascorso, ma rimane un’operazione interessante ed intelligente, avendo dalla sua un aggancio con un personaggio come la madre, che mai cavalca il sentimentalismo, anche scusato, ma approfitta di questa occasione per fare una riflessione collettiva sul caso di suoi figlio e non solo. Ne viene fuori una personalità al di fuori dei luoghi comuni che accompagnano certe situazioni analoghe, un giovane che ha vissuto delle sue idee precisi e coerenti, pacifista dal di dentro e senza ostentazione, un giovane con le sue idee, certamente non violente, e che quasi casualmente si trovava nel posto messo a confronto con una situazione che aveva dei cardini ben precisi e magari già preordinati, con una violenza già concordata o che almeno dà, dai fatti successi, tutta la sensazione che sia stata tale. Mi colpisce in particolare che lo strumento di questo dramma sia stato dato in mano ad un altro giovane, come la vittima e cioè il giovane poliziotto. Si possono criticare e magari sottovalutare alcune frasi e aggettivi della madre di Carlo, che sembra voler emarginare la violenza che veniva dalla parte “Giusta”, ma rimane il nodo certamente districabile dei Black Bloc che lasciano più che un interrogativo per le infiltrazioni evidenti che ci sono state e la volontà politica di allora, e purtroppo oggi, di mistificare l’accaduto, oggi abbiamo ancora un ministro, Scaiola, che è al suo posto dopo una responsabilità non da poco di quel momento.
Un riconoscimento alla regista, che ha saputo prendere tutte queste sensazioni, portandoci a noi spettatori a crearci un giudizio, ma anche dando un giudizio su certi comportamenti giornalistici e politici che hanno cercato di mettere più che in sospetto Carlo Giuliani, coprendolo di fango nelle varie situazioni. Un riconoscimento anche stilisticamente valido, con vari accorgimenti tecnici che ci mettono in primissimo piano le sfumature, che certamente non sono secondarie, e la trovata registica di intervallare il film con gli scritti privati di Carlo, che riescono ad inquadrare il ragazzo dal di dentro e nella maniera più vera ed efficace.
un racconto fatto con uno stile che non rinuncia all'idea cinematrografica e che si serve delle varie situazioni documentaristiche per sviluppare questo suo progetto e con le sue idee.
Una regista della familgia Comencini che segue da sempore una sua linea sociale diversa, ma sempre coerente e coraggiosa e davvero un elemento importante per il nostro cinema
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