Regia di Roman Polanski vedi scheda film
De Il Pianista si è detto ormai tutto e il contrario di tutto. La Storia è quella che conosciamo; lo sguardo che sceglie Polanski è quello di un pianista, un uomo tranquillo, schivo, anche un po' codardo, una persona comune si potrebbe dire, che cerca all'inizio di spegnere le mire rivoluzionarie del fratello dal carattere opposto, che vorrebbe semplicemente suonare un piano e vivere in disparte. Uno sguardo che non ha conosciuto i campi di concentramento, che in modo assurdo si potrebbe chiamare "fortunato" e che si ritrova a rivolgersi impotente, come un voyeur involontario, verso la crudeltà e l'efferatezza naziste attraverso un foro nella finestra, verso l'orrore che non conosce genere o età e non comprende debolezze. Un cinema che non spettacolarizza il colpo di pistola, perché tende a renderlo uno dei tanti, troppi; non enfatizza la violenza perché diventa istinto ordinario, l'unico concesso; non assolve la vittima né condanna il carnefice solo in quanto tali, ma secondo le azioni di cui si rendono partecipi. Cinema che non punta alla lacrima, ma alla coscienza.
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