Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Un obbrobrio.
Uno dei rari casi in cui mi trovo in disaccordo con la quasi totalità dei pareri.
Il protagonista è un inetto, che però viene incensato, a dispetto di una serie trattazione decadente del tema (come quella cui però il regista si rifà). Un pusillanime che cerca scorciatoie tra le meno dignitose, rispetto a quelle interpretate da chi gli sta intorno. Chi esalta il valore dell'arte (come del resto faccio anch'io) non so come faccia ad apprezzare questo lungometraggio (peraltro lunghissimometraggio, e noiosissimo): farsi solo i cavoli propri, chiudere gli occhi di fronte agli sforzi ben più meritevoli di chi sta attorno (ma approfittandosene, se si può), e tirare avanti senza reagire in nessun modo a un'ingiustizia e sperando che tutto vada poi comunque bene, e poi vedersi premiato dalla sorte: beh, vuol dire basare la propria vita solo scommettendo a una lotteria dove solo uno vince per caso e migliaia di altre persone perdono. Ovviamente, la statistica, e la storia e le nostre biografie mostrano come questo tentitivo sia destinato a un amaro fallimento. Qui invece l'improbabile genio vince. Ma è grave che si dica che l'arte da sola può far sopravvivere a una tragedia, in senso materiale, e che possa permettere una vita felice oltre ogni possibile dolore: è una balla chiaramente diseducativa, che non andrebbe propagandata; o meglio, andrebbe proposta per mostrarne i pericoli. Ben altra cosa, e giusta, sarebbe puntare sul valore educativo dell'arte, che insegna come la dignità, la libertà autentica e i diritti sono solo promossi dal culto del bello, con coerenza, con la prontezza eventualmente a pagare ogni conseguenza, purtroppo, negli impensabili casi più drammatici; sperando così di lasciare un messaggio che non si deve più permettere, sin dal principio, che si ripetano certe schifezze, che non permettono di godere a fondo della vita.
A parte pochissime scene trucide di fucili (purtoppo dovute, dato l'argomento), il film langue in una penosa incapacità di scavo psicologico, di rendere un orrore vissuto che pure si permette di trattare, in sfregio alla memoria di chi lì ha patito davvero.
Certo, in Italia va bene mostrare come il piccolo intellettualino inquadrato alla fine non deve perdere; ma forse per genitori che crescono il loro pargolo sul mito della prestazione intellettuale, che possa tralasciare qualunque altro aspetto saliente dell'esistenza, volendo però ignorare però ogni danno, derivante dalle lacune in tal senso. Senza voler assolutamente offendere nessuno, ma questo film rappresenta un modo tristemente conservatore di intendere la vita e la cultura che ha fatto più danni che altro, almeno qua da noi nello stivale
pressochè tutto
Un ottimo spot per la cultura al servizio del potente: chi si disinteressa delle tragedie che circondano la sua società, sarà ben remunerato, purchè taccia e fornisca solo diversivi per evadere e non pensare, magari ammantati di pretese intellettualistiche, tanto che i fruitori ne ricavino prestigio a livello sociale.
Quindi un pessimo servizio alla funzione della cultura, di contribuire al progresso di tutti verso la felicità individuale e collettiva.
recita bene, ma gli va ascritto il merito di rendere una parte inverosimile: non si capisce affatto come un essere umano così limitato, tanto intellettualmente quanto moralmente, così intrinsecamente puerile possa essere un genio del pianoforte di livello internazionale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta