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Il pianista

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su Il pianista

di scandoniano
10 stelle

Roman Polanski nel suo (atteso ed inevitabile) affresco sul dramma del nazismo e dei suoi sterminii. Il regista, polacco ed ebreo come il protagonista, narra la storia di Wladislaw Szpilman, giovane pianista di Varsavia, costretto a vivere da fantasma per mesi e mesi prima che i russi liberassero la capitale polacca.
Tratto da un romanzo autobiografico, il film è un evidente esempio di come l’arancia-shoa, per quanto spremuta, non sia mai completamente priva di succo. Le scene proposte da Polanski non sono furbette e mielose quanto quelle di Benigni, né mastodontiche come quelle di Spielberg, solo per citare due film sull’argomento che negli ultimi anni hanno rinverdito la memoria. Lo spicchio scelto da Polanski è quello ricco di semplicità disarmante e di un peculiare punto di vista: ecco perché “Il pianista” è, a ragione, uno dei migliori film sul nazismo che abbia mai riempito il grande schermo. Polanski non abusa sui cadaveri, non li ammazza, insomma, una seconda volta. Ci fornisce una visuale differente, quella del sopravvivente: del suo declino, fisico e psicologico, del suo continuo ricercare la salvezza, della sua inutilità laddove serve gente che sappia cospirare. Adrien Brody (che interpreta Szpilman) interpreta esattamente ciò che doveva: il dramma di un medio-borghese di buona famiglia che si ritrova inerme (e poco importa se a tratti assomiglia, forse troppo, al ragazzo deviato di “The village”), finendo per deperire in tutto tranne nella sua passione più grande: il pianoforte. A causa sua Wladislaw rischia il linciaggio, grazie a lui troverà la salvezza. Il ritorno alla socialità, difficile, stentato e ricco di suspense, di cui si compone il finale è costruito in maniera poetica ed è il degno finale di una storia scritta e diretta magnificamente.

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