Regia di Roman Polanski vedi scheda film
"Il pianista" è tutto sommato un buon film, però dall'inizio alla fine, salvo qualche felice intuizione (il ghetto raso al suolo, la musica che sgorga dalle dita di Szpilman di fronte all'ufficiale tedesco), dà l'impressione di un dejà-vu ben prodotto, anche se resta un certo alone muffoideo di confezione televisiva che sacrifica il sentimento in favore dell'accuratezza della ricostruzione (questa sì davvero pregevole). Polanski, forse memore della propria infanzia nella Varsavia occupata, è insolitamente misurato: la violenza è fredda e non compiaciuta e non introduce le consuete sequenze di sesso, cosa cui non si era sottratto nemmeno lo Spielberg di "Schindler's List", un film per certi versi migliore di questo, sebbene forse un po' sopravvalutato.
Adrien Brody, già protagonista del mediocre film di Ken Loach "Bread and Roses" (2000) non mi piace: piuttosto inespressivo nella prima parte, quando gli cresce la barba somiglia ad Andy Luotto; a nemmeno trent'anni gigioneggia già come nemmeno il Dustin Hoffman sessantenne e se deve zoppicare sembra Daniel Day-Lewis nel "Mio piede sinistro".
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