Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film
Dieci incontri su un’automobile che si muove nel traffico di Teheran. Una donna alla guida, un passeggero sul sedile accanto. La donna ha lasciato il marito, vive con un altro uomo, è indipendente, sa quel che vuole. Accanto a lei, in successione: suo figlio, seccante ragazzino ben avviato a diventare adulto arrogante e villano; la sorella preoccupata per il carattere del nipote; un’anziana signora molto religiosa che ha perso un figlio; una prostituta che conosce bene gli uomini; una ragazza sensibile e inquieta perché il fidanzato non è convinto della loro relazione. Kiarostami prende una delle più amate tra le sue ricorrenti figure di messinscena (stare su un’automobile che si sposta e girare lunghi piani a camera fissa), mette due videocamere sul cruscotto, una sulla guidatrice, l’altra sul passeggero, e osserva l’Iran delle donne e di un bambino insopportabile. Con questa minimale scelta stilistica sembra voler indicare la mobile immobilità di un Iran che è sempre fermo e che vorrebbe mettersi finalmente in movimento, un Iran che già si muove con le sue donne. Ascetico esercizio di un Kiarostami fondamentalista cinematografico che persegue la scomparsa della messinscena per far risaltare volti e parole.
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