Regia di Ken Loach vedi scheda film
Un viaggio all'inferno del degrado umano della provincia inglese, tra famiglie sfasciate e spaccio di droga. E tanta violenza.
Che i sedicenni del film non siano dolci lo sapevo fin da subito, ma che il film fosse così sgradevole e violento non me l'aspettavo. La violenza fisica è poca, ma quella dei rapporti umani è tantissima. Certo, Loach gira bene come al solito, ma resta il fatto che questo film è stato per me una tortura psicologica dall'inizio alla fine; nel senso che sapevo che tutto sarebbe andato storto, e nel peggiore dei modi, e ad ogni snodo narrativo aspettavo la randellata che infatti arrivava sempre.
E' subito evidente che i personaggi sono condannati a restare nella fogna dove si trovano. Ogni accenno di cambiamento in meglio, ogni parvenza di riscatto o di redenzione, ogni piccola gioia, o tenerezza, o amicizia tra i personaggi vengono distrutti o brutalizzati, e la violenza regna sovrana. Evidentemente il marxista Ken Loach non crede più al riscatto della sua classe operaia - ma che dico, questi neppure lavorano - nemmeno attraverso il miglioramento delle condizioni di vita materiali, benché costruito sul terreno marcio dello spaccio di droga. Anzi, gli spacciatori malefici la fanno franca in tutti i sensi, e i loro personaggi non mancano di accenti ambigui, tanto che è lecito affermare che il regista rappresenti il mondo della droga con una punta di indifferenza morale.
D'accordo, è un film ben fatto, come dicevo, che non annoia mai, e ben recitato; ma mi rimane la domanda se abbia veramente voglia farmi prendere a pugni nello stomaco da Loach e il suo sceneggiatore, di mia volontà e senza che qualcuno mi tenga bloccato per le braccia. Probabilmente no.
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