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Sweet Sixteen

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su Sweet Sixteen

di scapigliato
8 stelle

Non sono un amante del cinema verità, o di denuncia. Non vado pazzo per il cinema schierato, per il cinema che racconta la realtà nuda e cruda. Credo in un'altra idea di cinema, più evasiva, di giochi narrativi tra la finzione e la realtà. Mi piace pensare al cinema come la possibilità di trasfigurarsi, e non di rispecchiarsi semplicemente. Mi piace pensare ad un film come un quadro in movimento, in cui il cocktail tra dialoghi, facce da cinema, musica, montaggio, regia e contenuti, riesca a rappresentare tutto il nostro universo interiore, e forse anche a dargli un senso. Non traducibile. Non esemplificabile. Ma almeno percettibile.
Ken Loach è tutt'altro. Eppure non posso nascondere la partecipazione che ho avuto guardando il suo film. Perchè la storia, benchè raccontata seguendo il realismo sociale e schierato, e soprattutto il giovane protagonista Martin Compston, sono riusciti a coinvolgermi. Non solo perchè con me è facile farlo, ma anche perchè ho sempre avuto una certa esplicita sensibilità per tutto ciò che è deviato, irregolare, non canonico. Direi "malato", se questo termine non apparisse quasi come un sinonimo di "perverso". Sapevo che la nuda e cruda storia difficile ed estrema di Liam, sedici anni, mi avrebbe colpito. Ma son sicuro che ha colpito anche il regista stesso, che non fa un docu-drama, freddo e distaccato (come la principale regola del verismo letterario imporrebbe), ma in realtà vi partecipa emotivamente, fissando la macchina da presa sugli occhi tristi e duri del giovane protagonista. Piuttosto che seguirlo a distanza, o evidenziarne la reattività mista a odio, seguita da principi di pianto, o i sogni, i progetti sorrisi, e le immancabili negazioni. Non è semplice realismo, che ti lascia lì indifferente sulla poltrona. Ma è l'accurata regia di una vita cruda, realmente cruda, che però si serve del cinema per farla arrivare là dove il docu-drama non arriverà mai.

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