Regia di Ken Loach vedi scheda film
Un Loach d'annata. Il copione di Paul Laverty mette sul banco gli ingredienti per un socio-dramma estremo, in cui la famiglia non esiste più e i rapporti fra le persone sono completamente stravolti. Ragazze madri, giovani spacciatori, nonne tossicodipendenti: tutti al soldo di uomini violenti criminali sfruttatori. Lo sfaldamento del tessuto sociale è messo in immagini da Ken Loach con una crudeltà che ricorda De Sica (anche nel canovaccio narrativo, che attinge in pieno da "Sciuscià" nel rappresentare i dissidi e tradimenti fra i due giovani amici) e una tenerezza che si riallaccia a Truffaut (quella corsa finale in riva al mare: ma non c'è spazio in Loach per la poesia nè per la catarsi, solo per la disperazione..."E adesso cosa facciamo?" dice Chantelle a Liam nell'ultima scena). Ci avevano provato Liam e, soprattutto, Chantelle a cambiare il corso del loro destino: non ce l'hanno fatta. Senza la necessità di sovrastrutture ideologiche, Loach indica nettamente come la società liberista, basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sul potere del denaro, sulla legge del più forte, sul patriarcato abbia buon gioco nel reclutare fra giovani, deboli, donne e disperati i futuri criminali, senza offrire loro alternativa alcuna. Qua e là lo svolgimento risulta un po' didascalico, alcuni dialoghi sono risaputi, l'attore protagonista non è sempre convincente e la stessa regia non riesce del tutto ad evitare alcune derive patetiche: ma sono difetti veniali in un film che arriva allo spettatore come un pugno nello stomaco.
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