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Spider

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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Gandalf46

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La recensione su Spider

di Gandalf46
8 stelle

In un’ intervista, rilasciata durante il Festival di Cannes, dove, in concorso, presentava ‘ Spider’ (Ragno), D. Cronenberg, parlando del suo film, ha dichiarato:” Non m’interessa visitare i manicomi: basta scavare in se stessi". Queste parole, potrebbero essere raccolte come una provocazione solo da parte di chi non ha familiarità con l’opera di un regista unico nel suo genere. Volendogli attribuire dei modelli, delle fonti d’ispirazione, è meglio cercare tra le fisionomiche stravolte dei personaggi che popolano i quadri di Francis Bacon, entrare nel cuore della dolorosa solitudine che nutre i drammi di Samuel Beckett, proiettarci all’interno dei claustrofobici processi di mutazione kafkiana Il principale obbiettivo nel suo lavoro non è semplicemente l’osservare da fuori il dentro, ma, principalmente, guardare sia il dentro che il fuori ,dal dentro, assumendo in modo tale una posizione che si avvicina notevolmente a quella di uno psicoanalista all’interno del ‘setting ‘. Spider, è sicuramente il film più clinico di Cronenberg, sin dalle insinuanti immagini astratte dei titoli di testa: tracce d’umidità e d pittura scrostata, su di una parete, simili a macchie di Rorschach. E’, intenzionalmente, un dramma psicoanalitico dove tutti i temi, in precedenza da lui trattati, si combinano assieme come i fili sulla tela del ragno. E,’anche la seconda volta che l’autore usa per titolo di una sua opera il nome di un insetto (sono consapevole dell’inesattezza nel riferirmi ad aracnidi), senza che ve ne sia l’ombra. Tale scelta suggerisce, come già accadde per lo sconvolgente M.Butterfly, sia la natura metaforica del racconto sia l’intenzione ironica verso quei detrattori superficiali che lo marchiarono a suo tempo come: specialista in storie orrorifiche ad effetto. Per quale ragione, il ragno, questa volta? Dice una sura del Corano (alAnkabul,29,40) che la casa del ragno è la più fragile delle case. Risponde a mo’ di diapason la Bibbia (Giobbe 27,18) che la casa del ragno è simbolo dell’instabilità e fa parte del retaggio di maledizioni che piovono sul maledetto:”… 3 Egli si è costruito una casa di ragnatela….si addormenta ricco ma per l’ultima volta; quando apre gli occhi, più niente: I terrori lo assalgono di giorno, la notte un turbine lo solleva… lo strappa al suo soggiorno. Senza pietà, lo si prende per zimbello e deve fuggire coloro che lo minacciano”. Spostandoci nella tradizione induista scopriamo, inoltre, che il ragno rievoca la fragilità d’ogni opera terrestre e la dipendenza dalla “Tessitrice primordiale”. Appare rilevante; ai fini di questo scritto; sottolineare l’importanza che, all’interno di questa cosmogonia, viene attribuita al legame ombelicale tra la creatrice e la creatura. Lo Spider del film è il nome proprio di un quarantenne psicotico, il suo universo chiuso dentro una valigia: " un taccuino stropicciato zeppo di annotazioni incomprensibili, un vecchio pigiama,una sveglia, qualche foglia morta, dei ramoscelli, delle piume, dei gusci d'uovo". E' tutto quello che gli resta, è tutto quello che potrebbe restare ad ognuno di noi. Egli accumula pezzi di spago, vecchi bottoni, matasse di corda che nasconde nelle maniche del cappotto sdrucito e dentro la cintura dei pantaloni. Sono i fili che tengono insieme i frammenti sparpagliati della sua identità, gli oggetti mentali sottratti agli abissi del vuoto e del nulla: Spider veste con cinque strati di camicie bisunte (“ più sono gli abiti, meno c’è l’uomo” sentenzia un suo compagno di sventura). Sono anche gli stessi fili che uniscono i molteplici piani e livelli della trama del film, quelli dai quali veniamo irretiti, dopo poche sequenze, dentro la mente di Spider. La sua mente, diventa la nostra mente Vediamo come spider vede, crediamo a quel che la sua mente crede. Nel dramma, orchestrato da Spider, le vicende psichiche cui assistiamo e cui prendiamo parte, non ci sarà, però, dato di sapere che cosa sia veramente reale,se, quel che avviene, nell’intersecarsi di presente e passato e nel dipanarsi dei ricordi, accada davvero o sia mai davvero accaduto. Spider è un film di percezione più che di narrazione L’effetto che produce su noi spettatori è un ipnotico e progressivo disorientamento, quello di un passaggio dalla realtà esterna e oggettiva al mondo interno. Abilmente, per meglio rappresentare questa condizione, Cronenberg, svuota di qualunque presenza umana le strade fatiscenti dell’East London, dove, solitario fantasma in cerca d’altri fantasmi si aggira Spider. Raffinata rimane, da parte del regista, la scelta di una fotografia monocromatica che evidenzia ulteriormente il luogo psichico della rappresentazione. La cinepresa, occhio dell’autore, si avvicina, attraverso le emozioni di Spider, alla fisicità dolorosa e straziante di quello spazio mentale ma riesce altresì a distaccarsene, non per timore di perdersi ma per segnarne, clinicamente i confini. Mi piace credere che nella scelta inglese di Cronenberg, tanto per la produzione quanto per il cast di bravissimi attori (vi sarà dell’ironia nella selezione dell’ex “paziente inglese” Ralph Fiennes?) rigorosamente “all British”, si trovi un implicito omaggio alla scuola che, dal dopoguerra, ha offerto i maggiori contributi e gli stimoli più innovativi alla psicoanalisi. Spider non è un film psicoanalitico semplicemente per il tema che tratta, ma per, come direbbe Luigi Longhin, scelte strutturali e di “competenza epistemologica”. L’autore dimostra di aver, proficuamente, assimilato le “mutazioni” occorse nella teoria e nella pratica analitica nel corso degli ultimi anni. Trasformazioni, che hanno permesso di svincolarla dai retaggi di determinismo biologico-pulsionale e approdare a modelli conoscitivi e operativi sempre più efficaci nel permetterci di comunicare con la 4 sofferenza mentale , l’angoscia, il male dentro di sé. La ricerca psicoanalitica, è andata via, via spostando la sua lente d’ingrandimento verso gli stadi affettivi e cognitivi più precoci dello sviluppo umano. In questo processo, a seguito di riscontri esperienziali e sperimentali, hanno perso d’importanza concetti, un tempo, capisaldi, quali Complesso d’Edipo e Istinto di morte. Melania Klein con la teoria degli oggetti interni e la scoperta, che nei mesi successivi la nascita, il bambino alterna fasi dominate da fantasie, sadiche distruttive, dirette verso la madre ad altre improntate al bisogno di riparare ai danni arrecati (sempre in fantasia), per prima ha effettuato il”turning point”; un punto, fondamentale, di svolta nella nostra, ancor giovane scienza. Seguiranno i contributi di suoi collaboratori e allievi, tra cui Wnnicott, Bion, Meltzer,Resnik, Mancia, Ogden, che sviluppando e perfezionando quelle originali intuizioni, andranno a costituire la psicoanalisi più attuale. Tutti questi autori, concordano sul punto che sono le esperienze relazionali più precoci, a determinare il grado di patologia o di relativa “normalità” della personalità nella vita adulta. Il neonato secondo Bion, ad esempio, viene al mondo con una sensibilità innata, un bagaglio od equipaggiamento con il quale affrontare le inevitabili frustrazioni che s’incontrano nella realtà. La madre è la prima rappresentante di questa realtà: fonte di sicurezza nutrimento calore e al tempo stesso d’angoscia e frustrazione. La capacità e la disponibilità che essa dimostrerà nel riuscire a contenere, tollerare e alleggerire le angosce primarie del neonato, limiteranno in lui l’attivazione di difese e organizzazioni patologiche. A prima vista potrebbe sembrare che il dramma vissuto da Spider sia di natura edipica, ma il regista è molto preciso nell’indicarci come la sofferenza del personaggio origini da ben altre catastrofi relazionali. A partire dal suo modo di parlare (tra sé e sé), tutto un biascicare, farfugliare, balbettare, che particolarmente nella versione originale , ricorda il linguaggio disarticolato dei primi tentativi verbali. Si aggiunga la sua valigetta, (l’equipaggiamento alla nascita?) contenente, all’interno, i relitti di fragili imbarcazioni inadatte a discendere il fiume della vita. Oggetti, che non è difficile riferire ad una nascita traumatica che insieme all’ossessione per i pezzi di spago comunicano il segno di una relazione arcaica precocemente fallita; forse prima ancora di cominciare. Tenta un approdo, Spider,uscito dal manicomio, nella ”Domus familia” che accoglie le anime disperate come lui, incontra anche un altro paziente che è riuscito ad adattarsi e dal quale rifiuta la positiva offerta di dialogo. Anche se, in qualche angolo della sua mente esiste, forse, una volontà riparatrice,il suo mondo interno è troppo dominato da potenti difese primitive quali la scissione, l’idealizzazione’ la negazione e l’identificazione proiettiva. La sua mente, si trova prigioniera di una ragnatela vischiosa, un “claustrum” lo definirebbe Meltzer; forse l’ano della madre interna se consideriamo la fobia del protagonista per il gas. In questo labirinto, si svolge un teatro della memoria immutabile di cui Spider conosce per filo e per segno ogni battuta. Questo modo di ricordare, saturo delle difese già accennate e che Cronenberg definisce, con espressione azzeccata, “ memoria contaminata”, si rivela indicativo.di un legame d’attaccamento, con la madre, non riuscito: un artifizio per opporsi al vuoto e all’assenza Dopo la nascita, la dipendenza verso la madre è totale. E’ il tempo nel quale, si strutturano interiormente le modalità specifiche inerenti alla relazione 5 madre- bambino. Un periodo in cui, ogni separazione assume una dimensione drammatica che è all’origine delle prime realtà psichiche e delle future prospettive interpersonali. A distacchi ripetuti e perdite vere e proprie dell’oggetto d’amore con il carico di dolore che comportano, si devono accostare le ansie e le angosce di separazione. Queste ultime sono vere e proprie “ansie primarie” anch’esse collegabili alla rottura del legame d’attaccamento con la madre. Emblematico a questo proposito e cruciale per Spider, tra i suoi ricordi, si dimostra un dialogo tra lui bambino e la madre. Quest’ultima (la straordinaria Miranda Richardson che interpreta nel film anche i ruoli della prostituta e dell’infermiera), con voce dolce e affettuosa, racconta (forse per l’ennesima volta) a Spider che la madre ragno dopo il parto è costretta, essendo stremata, ad abbandonare la sua prole. Il regista è in grado di mostrarci, con semplicità, la presenza di un terrore traumatico attraverso un quadretto domestico “normale”. Il cosiddetto trauma può non essere dovuto a esperienze occorse nella realtà dei fatti, ma, avvenire semplicemente in fantasia, celato da normali (e ambigue) comunicazioni quotidiane e da prolungate frustrazioni ai tentativi di costruirsi un mondo interno abitato da oggetti affidabili e rassicuranti. L’elaborazione delle ansie di perdita e separazione rimane un punto cardine nello sviluppo affettivo del bambino. La costanza del ritorno, dopo brevi separazioni, la capacità materna di saper tollerare e contenere ostilità e rimostranze aggressive del bambino, fanno sì che egli apprenda a rappresentarsi (anche simbolicamente) la madre in sua assenza come oggetto buono e nutriente. Dipendenza e separazione sono esperienze complementari, ed è a partire da esse che il bambino riuscirà a sopportare ed elaborare le ansie di perdita e le future frustrazioni e gelosie edipiche. Siamo all’inizio della fabbricazione di un tessuto fatto di fili tesi verso il mondo e futuri oggetti d’amore.Un possibile prezioso ricamo d’esperienze di vita e d’affetti, non una soffocante ragnatela, narcisisticamente e inesorabilmente richiusa intorno a sé, come quella di Spider.

 

 

 

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