Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film
Il cinema di Robert Guédiguian, anche quando ipertrofico e sbilanciato per eccesso d’amore, è di quelli che vanno comunque visti e rivisti. Dopo il felicissimo dittico “À l’attaque!” e “La ville est tranquille”, l’imprescindibile cantore dei sobborghi marsigliesi è rimasto in zona e in famiglia, con Ariane Ascaride (dolce metà anche nella vita) e Jean-Pierre Darroussin (di fatto e insieme a Gérard Meylan, il suo alter ego). Meno concentrato sul sociale e quasi completamente ripiegato sul privato, in “Marie-Jo” si sofferma sul dilemma che dilania non di rado i protagonisti dell’amore: se amo il mio sposo o la mia sposa ma mi innamoro pure di un altro o di un’altra, cosa devo fare? Come devo scegliere? Nulla da eccepire sull’impianto generale del film, come d’abitudine per il regista francese colmo di spunti, di idee, di provocanti suggestioni, e di meravigliosi corpi (sulla moglie Ascaride praticamente costruisce una specie di film nel film). Ciò che lascia perplessi è la parte finale, imbarazzata, incerta sugli sviluppi del plot, forse appesantita da ambizioni esistenziali che stridono con la leggerezza di gran parte dell’opera. Un finale che, pur regalando perplessità, non inficia la coraggiosa ricognizione sulla vita e la sua esigentissima quotidianità. Gli attori sono loro, sono vivi, e rappresentano come meglio non si potrebbe (anche) una buona parte di noi.
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