Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
La realtà che fa da sfondo alla storia è divisa in due, è sfuggente ed inclassificabile, perché oscillante con incredibile rapidità tra i due estremi (come il tempo variabile, o come il viavai di un treno), e capace di far combaciare gli opposti (Vanessa sfruttatrice e, al contempo, benefattrice), di unificare ciò che è con ciò che non è (il figlio vero, Toro Azzurro, ed il figlio in pectore, Garofano Rosso, che convivono nel cuore di Celsa), di confondere una cosa e il suo contrario (Giovanna D'Arco un po' martire remissiva, un po' audace guerriera, donna, ma forse anche uomo), e, per contro, di creare una rottura tra coloro che, razionalmente, sembravano fatti l'uno per l'altra (i due sposi di un matrimonio combinato per interesse di entrambe le parti). La ricerca della stabilità è presentata come una mera utopia, le convenzioni e le tradizioni offrono solo vani appigli ed un illusorio senso di sicurezza. Una pellicola dominata, nei discorsi e nelle situazioni, dall'irresolutezza, dal non sapere, e da un'insanabile ambiguità, che divide e disorienta (Dio è buono o cattivo? Camilla è una madonna, una strega, un angelo, o magari una mutante?). In questo, che è, essenzialmente, un "film parlato", sempre rivolto allo spettatore, abbondano le frasi piene di "oppure" ed "eppure", di avversativi ed ossimori (le cose veramente importanti della vita sono quelle senza importanza; sento caldo e freddo; è stata una mascalzonata, oppure una dimostrazione d'amore). In questa traballante visione esistenziale, dal vago sentore pirandelliano, l'unica possibile salvezza sta nell'unità: quella che Camilla è riuscita, eroicamente, a realizzare in sé, infrangendo i contrasti e affastellando le forze di segno opposto, per superare, con un'impresa epica e sovrumana, la più alta vetta del dolore. Manoel de Oliveira ci propone, ancora una volta, un'opera difficile da assimilare, basata su un mondo sfumato che, però, non ha nulla di poetico. Esso ha, invece, un profilo duro e spigoloso che, lungi dall'ispirare romantici abbandoni, sembra fatto apposta per far turbinare la mente ed instillarvi la follia.
Una regia prettamente teatrale, che sottolinea visivamente il dualismo concettuale utilizzando colori complementari (rosso e verde) e scenografie a simmetria speculare.
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