Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Josè "Toro azzurro" (Ricardo Trepa) e Antonio "Garofano rosso" (Ivo Canelas) sono due amici che hanno vissuto come due fratelli perchè entrambi cresciuti da Celsa (Isabel Ruth), la fidata governante della ricca famiglia di Antonio e madre di Josè. I due ragazzi finicono di innamorarsi entrambi della stessa donna, Camilla (Leonor Baldeque), e di legarsi al filo doppio con Vanessa (Leonor Silveira). Per garantirsi quell'agiatezza economica che il padre ha dilapidato dui tavoli da gioco, Camilla finisce per sposare Antonio, il quale rimane amante di Vanessa che gestisce un bordello con l'aiuto del socio in affari Josè. Se ne ricava un intreccio di rapporti basato sull'amore vicendevole e sull'insana predisposizione all'intrigo.
Tratto dal romanzo di Agustina Bessa-Luis "Joia de familia", "Il principio dell'incertezza" di Manoel de Oliveira è soprattutto una riflessione sulla perenne transitorietà degli affetti. Almeno questo sembra suggerirci l'autore portoghese quando fa della contraddittorietà il tratto distintivo e comune delle personalità dei quattro protagonisti. Ognuno di loro può essere invariabilmente buono o cattivo, vittima o carnefice, un benefattore o un usurpatore, fare del male per eccesso d’amore o disconoscere il bene per troppa bramosia. Tutto rimane volutamente sfuocato, sia la natura profonda dei rispettivi caratteri che i motivi effettivi che ne connotano l’ambiguità d’atteggiamento, come delle ombre di cui si riesce a percepire la forma senza poterne penetrare compiutamente la sostanza. Perché quello che interessa de Oliveira non è la lineare rappresentazione di una saga familiare ma riflettere sull’uomo contemporaneo partendo dalla vacuità che caratterizza molte delle sue azioni. Il film segue un canovaccio che ricalca quasi lo stile classico delle telenovelas, con la passione amorosa che sconvolge gli equilibri familiari a fare da trama principale, e le vecchie e nuove menzogne, con i relativi segreti scolpiti nel cuore, a fare da sottofondo tragico all'intera vicenda. Se il tutto si svincola abbastanza facilmente dal piacere "voyeristico" indotto da certo sensazionalismo d'appendice, è solo grazie all'eleganza formale con cui de Oliveira è solito imbastire le sue storie e al piacere sano di condirle con forbite disquisizioni dialettiche, di giocare con le parole come se solo in esse risiedesse la speranza di emancipare l'uomo dalla superficialità che lo sta sommergendo. A incaricarsi di ragionare con le parole sono Daniel (Luis Miguel Cintra) e Torcato Roper (Josè Manuel Mendes), due fratelli che si aggirano discreti tra le vite di Josè, Antonio, Camilla e Vanessa, dispensando loro consigli e architettandone i possibili sviluppi. Orgogliosi di ostentare la loro discendenza da Tommaso Moro, i fratelli Roper incarnano il centro nevralgico verso cui tutti tendono, il punto fisso in mezzo a tanta conclamata indeterminatezza, il tentativo di motivare ragionando i sussulti dell'animo e di fare dell'incertezza quell'attributo tanto consono agli uomini privi di una personalità autenticamente certificata da una rigorosa coerenza etica, quelli che hanno una maschera buona per ogni circostanza e delle frasi sempre opportune custodite in un cassetto. Del resto questo sembra essere il gioco preferito del grande vecchio del cinema europeo, rappresentare l’andamento ondivago di questi figli emblematici del nostro tempo, tanto vogliosi d’affetto quanto avidi di denaro. Con l’impronta letteraria di sempre e con lo sguardo fisso sul mondo tra i più raffinati rinvenibili al cinema.
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