Regia di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne vedi scheda film
il terzo film dei Dardenne riassume il meglio di 40 anni di cinema indipendente (non necessariamente europeo): Cassavetes e il suo modo di braccare ostinatamente i personaggi (uno solo, in verita', in questo film: un Olivier Gourmet impressionante per realismo, sofferenza e finezza); Bresson e l'attenzione per i dettagli; Kieslowski, coi suoi silenzi, i suoi dilemmi etici e la verita' che si svela a poco a poco; Loach, per l'impegno, la durezza e la lucidita'. Rigore morale ed estetico incredibile, piani sequenza di un'espressivita' inarrivabile, per raccontare una storia di dolore ma anche di delicatezza, di pieta' ma anche permeata di un'ira sempre pronta ad esplodere. Assolutamente non riconciliante, e' un film complesso, intenso, tesissimo, su un padre che non vuole rinunciare a fare il padre e sulla necessita' di una routine, un'abitudine (il lavoro nell'officina, come possibilita' di riscatto, anzi: come una nuova famiglia). E' uno dei rari film in cui si teme veramente un crollo nervoso da parte del protagonista. A pochi mesi dalla sua uscita, e' gia' un classico del cinema europeo contemporaneo
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