Regia di Im Kwon-taek vedi scheda film
"Senza vino e senza donne non riesco nemmeno a tenere il pennello in mano". Con questa frase, pronunciata dal protagonista, si può sintetizzare tutto il senso del film. Un film, va detto subito, molto interessante e ben fatto. Per citare il critico Mollica, direi "un bel film". La storia è quella del pittore Jang Seung Up, soprannominato Ohwon, e della sua breve vita: nato, nel 1843, scomparve nel nulla nel 1897.
"Ebbro di donne e di pittura" è figurativamente interessante e affascinante: chi aveva mai visto niente della Corea del 19° secolo? Anche filologicamente il 98° film del regista Im Kwon-Taek offre spunti d'interesse e di riflessione. La pittura di tradizione orientale è molto diversa dalla nostra: Ohwon dipinge su carta, con tratti fatti all'impronta, traducendo nei suoi dipinti, per lo più riproducenti scene naturali (piante e uccelli), i propri stati d'animo, influenzati dal vino e dal sesso. Considerato un genio fin da ragazzino per la capacità di riprodurre dipinti cinesi, il pittore si macera per la sua voglia di emanciparsi da questa forma d'arte ormai omologata: secondo lui l'artista non può né deve ripetersi, ma deve lottare con sé stesso per produrre qualcosa di nuovo, di rivoluzionario. In questo modo Ohwon si rende inviso alle autorità che si trova via via a fronteggiare (i conservatori spalleggiati dai cinesi o i riformisti appoggiati dai giapponesi), fino a fuggire dall'ufficio dei pittori di corte cui era stato chiamato.
Il film è una potente riflessione di stampo kurosawano sulla storia della Corea, sul rapporto tra arte e politica e sui tormenti dell'artista. Im ha realizzato un affresco possente e suggestivo, lontano da certi calligrafismi tipici del cinema asiatico classico. La figura di Ohwon resta impressa per quei suoi guizzi di follia (tenta anche il suicidio gettandosi in un fiume) e di umanità (i rapporti con i giovani allievi e con la prostituta Mae), ben raffigurati dall'espressivo attore Choi Min Sik. (5 agosto 2004)
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