Regia di Michael Moore vedi scheda film
"Guardi la televisione, il telegiornale. Ti riempiono di paura. Ci sono alluvioni, l’aids, ci sono omicidi, pubblicità. Compra la cura. Colgate: se hai l’alito cattivo, non ti rivolgeranno la parola. È una campagna di paura e consumo, e si basa tutta su questo criterio: lascia che continuino ad avere paura e consumeranno". Paura e armi. A parlare è Marilyn Manson, famigerato rocker americano, sinistro e controverso. L'intervistatore è Michael Moore, e la conversazione avviene in un camerino nel backstage di qualche palazzetto della provincia USA. Spaventa il senso delle parole del cantante, spauracchio a stelle e strisce e in qualche forma caprio espiatorio della strage alla scuola Columbine. Lì, il 20 aprile 1999, in Colorado, due studenti entrarono armati di fucili e trucidarono a sangue freddo dodici compagni e un insegnante; poi si suicidarono. Ascoltavano heavy metal e musica satanica. Il fatto di cronaca fece il giro del mondo e scioccò l'opinione pubblica. Libera vendita delle armi e paura: questi gli ingredienti alla base di un sistema che, al minimo cenno di collasso, assume una pericolosità sociale di proporzioni immani. Una comunità in cui i padri e le madri lavorano in una delle più grandi fabbriche missilistiche del paese dà vita ad una seconda generazione del tutto assuefatta alla violenza e ai suoi mezzi di applicazione. Uno stato in cui la lobbie dell'industria delle armi è talmente potente da permettersi di intervenire nelle scelte politiche e di venire rappresentata da un ex attore macho e tutto d'un pezzo come Charlton Heston. Lo stesso infausto giorno della Columbine l'esercito USA sgancia il maggior numero di bombe possibili sul Kosovo; è il triste ripetersi della storia. Documentario efficacissimo. Ok, il regista è fazioso e procede come un Caterpillar facendo leva sull'emotività dello spettatore con decisione assoluta e con consapevolezza dei mezzi. Il messaggio però è inconfutabile, chiaro ed evidente, oltre che giusto.
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